E infine arrivò anche il giorno della Binetti.
Nell’anno XIII di una fase transitoria, talvolta denominata – erroneamente, invero – Seconda Repubblica, può anche accadere che l’esecutivo rischi la caduta per il non expedit di chi ha aderito, sin dalla prima ora, ad un progetto partitico il cui scopo principale di medio termine dovrebbe essere proprio la salvaguardia del medesimo esecutivo. Ma, per un’entusiasta della fusione di oggi che dissente, c’è un sincero teorico di quella di ieri, che interviene e sventa (rimanda?) il patatrac.
Nulla di imprevedibile quindi, e nulla che passerà alla storia. Questione di merito inclusa. Ovvero, l’opportunità con cui il richiamo ad una norma pattizia comunitaria a carattere anti-discriminatorio concernente le tendenze sessuali in una legge dello Stato Italiano, debba immediatamente trasformarsi in un problema di apprezzamento del fenomeno religioso. La senatrice teodem, difatti, ha motivato la propria sfiducia sostanziale sulla conversione del decreto sulla sicurezza con due riferimenti ben precisi; testualmente, “valori e visione della famiglia”, ovvero “tematiche non eludibli con una scorciatoia, perchè sull’argomento il Paese è diviso”. Tralasciando l’opinione, piuttosto curiosa, secondo cui un riferimento alla tutela dei diritti fondamentali dell’uomo possa costituire oggetto di controversia in un Paese dell’Unione Europea, appare chiaro che lo strappo sia interamente riconducibile ad un’annosa questione, innominabile – non senza imbarazzi – per alcuni e ripetuta fino alla noia da altri: la laicità.
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