Tag: sofferenza

  • Un augurio particolare

    Non so a quanti di voi sia capitato di non poter passare il Natale a casa perché inchiodati ad un letto d’ospedale. Ci ripensavo proprio ieri sera, quando tornando alle pendici del mio amato Vulture i ricordi del passato prendevano il sopravvento e un brivido felino attraversava il mio corpo.
    No, non era il freddo, la mente ritornava inconsciamente a quel dicembre di 6 anni fa, a quel brutto incidente, a quel mese di ospedale, a quei tanti dolori sopportati. Eppure anche quell’anno “il bambiniello” nacque lo stesso..
    Io leggevo l’aria natalizia nelle parole, nei gesti e nelle cure del personale medico e paramedico, nella noia e nella acidità di chi mal sopportava il dover rinunciare all’abbondante pranzo natalizio con parenti e amici o nella gioia e nella felicità di chi con un sorriso provava ad alleviare il tuo dolore. A Natale era già quasi un mese che ormai ero domiciliato presso il reparto di neurochirurgia dell’ospedale S.Carlo di Potenza e quindi conoscevo un po’ tutto il personale. Per convenzione l’avevo diviso in due gruppi: i buoni e i cattivi. Il discrimine che utilizzai allora era il farmi o meno male quando mi facevano le siringhe. Rileggendo oggi quel discrimine non posso non vederci la capacità di immedesimarsi nella condizione del paziente, di ridurre fino a quasi annullare la distanza da esso, di esercitare la professione medica e paramedica con l’obiettivo di essere a servizio dell’umanità. Oggi la sanità italiana ha la necessità di riscoprire i valori dell’umanesimo, di riscoprire il valore dei malati e di ricordarsi che anche se inerme in un letto il malato è comunque una persona dotata di dignità.
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