Tag: privatizzazione

  • Grillo vs Telecom: l’inutilità del populismo

    E’ passato poco più di un anno da quando Beppe Grillo comprò una pagina di Repubblica per chiedere pubblicamente le dimissioni dei vertici di Telecom Italia.

    Di invettive contro Marco Tronchetti Provera, rinominato il tronchetto dell’infelicità, Beppe Grillo ne ha lanciate tante: a questo link se ne trovano decine.

    Il 26 settembre 2006, nel suo post dal titolo “Telecom: una storia italiana”, Grillo commentava le dimissioni di Tronchetti Provera : Si dimette lasciando 41 miliardi di debiti che rimangono, escludendo obbligazioni e cartolarizzazioni varie (i pagherò agli investitori), suppergiù quelli di Colaninno. Ma con in meno tutte le aziende vendute. Il colpevole è quindi chiaro. E’ il dito medio della mano invisibile del mercato. Che ha colpito tutti coloro che hanno perso il loro posto di lavoro e i loro risparmi investiti in azioni Telecom. E’ un dito che ci vede bene, benissimo. Per questo ignora manager e azionisti di controllo per i quali la Telecom è stato un grande affare, il migliore della loro vita. (more…)

  • Rai, l’unico servizio pubblico è aprire al mercato

    Articolo di Andrea D’Uva

    Non passa giorno senza che la telenovela Rai si arricchisca di una nuovo capitolo. Dopo la rimozione del consigliere Petroni, nominato dal Tesoro in era berlusconiana, e la sua sostituzione con persona più gradita all’attuale maggioranza politica, dopo la sfiducia al Presidente Petruccioli votata dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza, è esplosa la bomba delle intercettazioni telefoniche tra dirigenti Rai e Mediaset i quali si appattavano su come far passare le notizie politicamente più scomode. Le polemiche chiamano in causa il problema più generale dell’informazione e dell’assetto radiotelevisivo in Italia. Il duopolio televisivo formatosi alla fine degli anni ’80 per merito del Berlusconi imprenditore il quale, con il possesso di tre reti private ha aperto il mercato della raccolta pubblicitaria fino ad allora dominato dalla Rai. Tale fenomeno ha gradualmente spinto la televisione pubblica ad inseguire quella commerciale sul terreno della corsa all’audience con progressivo abbandono del ruolo di servizio pubblico. Poi la discesa in campo a metà degli anni ‘90 con il conflitto d’interessi tra il Berlusconi politico e quello imprenditore dei media ha bloccato per oltre un decennio il dibattito su posizioni propagandistiche. Da sinistra si gridava allo scandalo per la concentrazione nelle mani di un solo soggetto, per di più protagonista dell’agone politico, dei mezzi d’informazione la destra rispondeva che si attaccava il diritto all’impresa e si tentava l’esproprio proletario della proprietà privata. Né gli uni né gli altri, quando hanno avuto responsabilità di governo hanno affrontato il problema alla radice. Il controllo della televisione pubblica da parte della politica è stata una tentazione troppo forte; d’altronde si è sempre detto che la Rai vale più di un ministero. Nonostante un referendum (il cui merito va ascritto ai Radicali) votato dai cittadini italiani i quali, stanchi di pagare un canone sempre più esoso a fronte di una programmazione televisiva eufemisticamente mediocre, si dichiaravano a favore della privatizzazione della Rai la politica si è limitata a modificare i criteri di nomina dei vertici della televisione pubblica. Come in matematica l’ordine dei fattori non ha cambiato il risultato.

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