In queste convulse settimane che stanno precedendo la presentazione delle liste, il Partito Socialista ha subito delle violente umiliazioni da parte degli attuali dirigenti democratici. Partendo da D’Alema passando per Veltroni, l’arroganza con la quale coloro che oggi si presentano al popolo italiano come il nuovo che avanza ci ha fatto ricordare quella del più vetero comunismo. Forse queste dichiarazioni, anche se ci hanno ferito sono state utili; utili a farci uscire finalmente da un silenzio che stava logorando i compagni che sul territorio si apprestano ad affrontare questa difficile campagna elettorale. E così finalmente si è deciso che l’1 e 2 marzo verrà presentato a Roma il programma e lanciato il candidato premier per quella che si preannuncia la più grande campagna elettorale mediatica della storia della Repubblica Italiana; alcune considerazioni per arrivare preparati a questo appuntamento mi sembrano doverose.
Author: Peppe Potenza
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Un augurio particolare
Non so a quanti di voi sia capitato di non poter passare il Natale a casa perché inchiodati ad un letto d’ospedale. Ci ripensavo proprio ieri sera, quando tornando alle pendici del mio amato Vulture i ricordi del passato prendevano il sopravvento e un brivido felino attraversava il mio corpo.
No, non era il freddo, la mente ritornava inconsciamente a quel dicembre di 6 anni fa, a quel brutto incidente, a quel mese di ospedale, a quei tanti dolori sopportati. Eppure anche quell’anno “il bambiniello” nacque lo stesso..
Io leggevo l’aria natalizia nelle parole, nei gesti e nelle cure del personale medico e paramedico, nella noia e nella acidità di chi mal sopportava il dover rinunciare all’abbondante pranzo natalizio con parenti e amici o nella gioia e nella felicità di chi con un sorriso provava ad alleviare il tuo dolore. A Natale era già quasi un mese che ormai ero domiciliato presso il reparto di neurochirurgia dell’ospedale S.Carlo di Potenza e quindi conoscevo un po’ tutto il personale. Per convenzione l’avevo diviso in due gruppi: i buoni e i cattivi. Il discrimine che utilizzai allora era il farmi o meno male quando mi facevano le siringhe. Rileggendo oggi quel discrimine non posso non vederci la capacità di immedesimarsi nella condizione del paziente, di ridurre fino a quasi annullare la distanza da esso, di esercitare la professione medica e paramedica con l’obiettivo di essere a servizio dell’umanità. Oggi la sanità italiana ha la necessità di riscoprire i valori dell’umanesimo, di riscoprire il valore dei malati e di ricordarsi che anche se inerme in un letto il malato è comunque una persona dotata di dignità.
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