[Personalmente] Io, figlio del Popolo

quarto_stato.jpg

Lo so, quest’articolo non sarà certamente il massimo da un punto di vista stilistico e forse già nel suo titolo ha deciso di non esserlo. E già, perché il suo ambizioso obbiettivo sta proprio nel voler rappresentare uno spaccato di esperienza vissuta, quelli che per me sono stati i migliori momenti di insegnamento politico.

Partendo dalla definizione più aulica della politica intesa come arte e attività diretta a creare le condizioni del possibile, sino ad arrivare alla definizione più volgare della politica intesa come la capacità di risolvere i problemi della gente, ciò che fino ad oggi ha guidato il mio agire politico è stato, da giovane socialista, la volontà di far fare un passo in avanti a chi è nato indietro. Queste righe ovviamente non vogliono essere una mera denuncia di istanze in vista di quella che si preannuncia una campagna elettorale alla ricerca del verbo vincente, ma l’esplicazione di uno stato esistenziale di chi sin dall’inizio della sua presa di coscienza di cittadino ha ricercato la piena affermazione di un vero ideale socialista.

Da tanti e forse da troppi personaggi ho sentito enunciazioni del significato del termine socialista nel XXI secolo; ne ho condiviso la necessità di riportare all’attualità la nascita di un partito nuovo (non un nuovo partito), in grado di fare della sua visione della storia come magistra vitae e di interpretare la necessità di un rivoluzione culturale e civile della sociètà italiana due suoi punti cardini di riferimento. Questi due punti cardini dell’attuale pensiero socialista italiano potranno trovare effettiva applicazione se si riuscirà in questa campagna elettorale a rintracciare il consenso dei naturali elettori di un partito socialista in Italia come in Europa. Come direbbe Lubrano la domanda nasce spontanea: ma chi sono questi naturali interlocutori ?

Le così dette fasce deboli odierne vanno rintracciate tra gli operai, tra gli impiegati under della categoria del pubblico impiego, tra i giovani lavoratori precari, tra i giovani studenti alla ricerca di una reale possibilità d’accesso al sapere, tra le generazioni dei milleuristi, tra il popolo della terza settimana; nella sostanza tra coloro che vivono precariamente la condizione di cittadino della repubblica Italiana; esattamente quella repubblica italiana fondata sul lavoro, quella repubblica italiana garante dell’equipollenza tra scuole private e scuole statali, ma della libertà d’istruzione senza oneri per lo stato. Per chi come me è nato, è cresciuto e vive tra quello che nelle stanze dei bottoni è volgarmente definito popolino non ha potuto non notare in esso una forte rabbia verso una classe politica autoreferenziale, incapace di governare il sistema Italia, in grado solo di naturalizzarsi vipera, pronta a lasciare la propria camicia per indossarne un’altra ma sempre pronta a ferire il piccolo uomo che gli si avvicina. Ma allora questo “popolino” da chi può essere riavvicinato alla politica se non da un partito socialista che sappia attraverso il coraggio delle riforme soddisfare i bisogni degli uomini e delle donne che vivono del proprio lavoro e pensano con la propria testa.

L’Italia ha bisogno di forti riforme strutturali, partendo dalle istituzioni, passando per la pubblica amministrazione e per il sistema d’istruzione, sino ad arrivare ad una miglior regolamentazione del sistema economico. Noi socialisti italiani del XXI sec. potremo essere determinanti in questo contesto solo se sapremo rinnovarci. Dunque per queste elezioni spazio ad una politica dal volto nuovo, senza peli sulla lingua, che sappia denunciare con forza e vigore il sistema consociativo che sembra delinearsi a seguito di un grande drink (BE.VE.MO), che sappia ridar vita al sistema Italia. Io figlio del popolo voglio poter votare il PARTITO SOCIALISTA perché “l’Italia merita il meglio, perché io merito”!