Author: Angelo Giubileo

  • Per un sistema di welfare attivo

    L’odierna società europea è fortemente caratterizzata dal perdurante sviluppo di due tendenze fondamentali, che, in un’ottica politica di tipo riformista, occorre sostanzialmente regolare al fine di mantenere e, laddove possibile, incrementare il livello di benessere acquisito.Si tratta, per un verso, della diffusione di un sistema capitalistico avanzato, a forte incremento del tasso di finanziarizzazione, tipico di un’economia globalizzante e quindi, di fatto, già globalizzata. Per altro verso, ma in conseguenza pur sempre della diffusione ed incremento del progresso tecnologico ad essa connesso, l’ampliamento delle possibilità (opportunità) per l’individuo di provvedere “attivamente” alla costruzione del proprio futuro, in ragione del soddisfacimento di bisogni non più solo collettivi ma anche strettamente personali.

    In tale contesto europeo, risalta l’iniziativa di riforma dei sistemi previdenziali, assunta di recente da molti Paesi membri dell’Unione, ciascuno per proprio conto in base a quanto previsto dai Trattati istitutivi della UE. In tutti i casi, si è trattato di introdurre elementi di capitalizzazione a sistemi che, complessivamente, scelgono di mantenere un assetto prevalentemente a ripartizione, che scaturisce dal patto non scritto tra nuove e vecchie generazioni di lavoratori.

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  • La via socialista alla globalizzazione

    In risposta alla critica odierna del Pontefice al fenomeno della globalizzazione

    L’intera società nazionale ed internazionale, per molti versi già postmoderna, è oggi teatro di un profondo cambiamento evolutivo, che, dal punto di vista tecnologico e quindi della capacità dell’uomo di dare risposta ai propri bisogni trasformando le risorse di cui dispone, la definisce in termini post-industriali ma anche post-ideologici. Infatti, tale caratterizzazione emerge nella fase attuale di superamento del modello di società industriale, avviata nel corso dell’Ottocento e alimentata, ideologicamente, dallo scontro tra due opposti sistemi di pensiero, il marxismo e il liberalismo. Per entrambi, una società industriale si costituisce quando, in economia, si diffondono tecnologie basate sulla produzione con macchine, in imprese di relativamente grandi dimensioni, per un mercato di massa che conduce alla formazione di una diversificata classe di capitalisti e di operai. Tale processo di sviluppo economico attrae sul piano sociale gli strati più deboli della popolazione, che muovono dalla realtà agricola a quella industriale, dalle periferie verso il centro, dalla piccola e media industria verso la grande industria, oggi anche multinazionale. Nell’ottica del pensiero liberale, il processo conduce all’integrazione ed alla cooperazione tra gli individui; nell’ottica del pensiero marxista, viceversa, al conflitto ed alla lotta tra diverse e contrapposte classi produttive. In entrambi i casi, l’errore della teoria consiste nell’immaginare un processo di produzione di tipo unilineare; che tuttavia, storicamente, non giustifica alcuni fenomeni economici e politici tipici delle odierne società industriali avanzate, come ad esempio la presenza di mercati del lavoro differenziati, la persistenza della piccola impresa, la conservazione del potere da parte di ceti tradizionalmente forti, etc. (more…)

  • Democrazia e felicità

    Herald TirbuneIn questi giorni, è parso strano a molti il giudizio del New York Times sul manifesto “infelice” destino degli italiani. Non sappiamo con quale e/o quanta consapevolezza, il giudizio sia stato espresso in considerazione della pubblicazione del Rapporto del CENSIS, il sei dicembre scorso, che descrive la realtà del nostro Paese immersa a quanto pare nelle secche paludose del conservatorismo.

    L’analisi, in entrambi i casi prodotta, è tale comunque da favorire una considerazione di carattere generale sulla relazione in ogni caso esistente tra la vita e la felicità di ciascuno, laddove anticamente si sarebbe piuttosto usato al posto del termine “vita” quello di “verità”. E questo perchè, per gli antichi Greci la vita stessa era sinonimo di ricerca della verità, e questa ricerca doveva compiersi attraverso la necessità del destino di ognuno, nel senso etimologico del termine che sta per l’appunto ad indicare il discorso che si svolge intorno (de) allo stare dell’essere medesimo (stino).

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  • Tra sicurezza e omofobia

    giubileo.jpgIl mese in corso è crocevia di numerosi intrighi politico-legislativi, prima ancora che istituzionali. Autorevolmente è stato sostenuto che il governo cadrà a gennaio, perché appare necessario e quindi scontato che il governo resista fino all’approvazione della Finanziaria.

    Ma bisognerebbe pensare, almeno solo per un attimo, a quanti sacrifici una parte è costretta sul piano squisitamente politico. In proposito, non sarà, ad esempio, sfuggito ai più l’articolo di Giuseppe Tamburano, pubblicato su il Riformista di venerdì 7 dicembre, dal titolo: “Per la laicità, via dalla maggioranza” e rubricato: “Socialisti. Occasioni perse”. In breve, l’Autore si chiede che cosa debbano fare nell’immediata fase politica i socialisti e, asserendo di non aver alcun dubbio in proposito, conclude: “rompano solennemente con il governo e con la maggioranza assicurando a Prodi solo un eventuale <soccorso rosso> in caso di necessità. E si impegnino quotidianamente col massimo del vigore sui problemi del laicismo e della giustizia sociale”.

    Si dà il caso che l’occasione sia data dall’approvazione al Senato del decreto legge sulla sicurezza. Nella fattispecie concreta, il nodo politico-legislativo per il governo è rappresentato dall’introduzione dell’art. 1-bis al testo, laddove è precisato che “All’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, il comma 1, è sostituito dal seguente: «1. salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, anche ai fini dell’attuazione dell’articolo 4 della convenzione è punito: a) con la reclusione fino a tre anni chiunque, incita a commettere o commette atti di discriminazione di cui all’articolo 13, n. 1 del trattato di Amsterdam”. In concreto, significa che nell’ordinamento giuridico italiano verrebbe introdotta una disposizione di legge che punirebbe, e considererebbe quindi reato, l’azione di chiunque compie o incita a compiere atti di discriminazione in relazione all’identità di genere.

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