Democrazia e felicità

Herald TirbuneIn questi giorni, è parso strano a molti il giudizio del New York Times sul manifesto “infelice” destino degli italiani. Non sappiamo con quale e/o quanta consapevolezza, il giudizio sia stato espresso in considerazione della pubblicazione del Rapporto del CENSIS, il sei dicembre scorso, che descrive la realtà del nostro Paese immersa a quanto pare nelle secche paludose del conservatorismo.

L’analisi, in entrambi i casi prodotta, è tale comunque da favorire una considerazione di carattere generale sulla relazione in ogni caso esistente tra la vita e la felicità di ciascuno, laddove anticamente si sarebbe piuttosto usato al posto del termine “vita” quello di “verità”. E questo perchè, per gli antichi Greci la vita stessa era sinonimo di ricerca della verità, e questa ricerca doveva compiersi attraverso la necessità del destino di ognuno, nel senso etimologico del termine che sta per l’appunto ad indicare il discorso che si svolge intorno (de) allo stare dell’essere medesimo (stino).

Dunque, nel pensiero filosofico originario dell’Occidente, secondo la tradizione dapprima manifestamente in Eschilo, la vita è lo strumento attraverso il quale ognuno pervenga allo scopo, che è quello della propria felicità. A tale scopo, la storia dell’Occidente ha pensato viceversa di utilizzare svariati strumenti, e in estrema sintesi, si tratta ancora oggi del logos (filosofia), del mythos (religione), e in una versione moderna che li comprenda entrambi, di quello strumento che oggi chiamiamo democrazia. Eppure, secondo il mirabile giudizio di Emanuele Severino, “anche Kant, come Aristotele (e Platone), invita ad abbandonare la felicità come scopo: lo scopo è l’agire razionale. La felicità non può essere che la conseguenza del raggiungimento di tale scopo: solo chi agisce razionalmente, dice Kant, si rende degno della felicità”.

La complessa relazione tra vita, verità e felicità, tra filosofia, religione e democrazia, tra mezzo e scopo rende allora evidente che il giudizio formulato dal prestigioso quotidiano neyorkese ha invece piuttosto valenza di discorso logico fondamentale. Nella società della tradizione occidentale, l’azione dei moderni sistemi democratici dovrebbe pur sempre condurre alla realizzazione della felicità di ognuno; ma, agendo i moderni sistemi in relazione al fine che si propongono, succede più di sovente che si verifica quel rovesciamento in base al quale il sistema democratico, che è mezzo, finisce per divenire scopo a se stesso. E, in generale, succede che la tecnica, correttamente intesa, da mezzo, diviene fine a se stessa. Per gli americani, e per noi stessi, si dà quindi la situazione in cui il rovesciamento della relazione ci rende, di fatto, oggi infelici. La tecnica, o quello che in specie potremmo definire l’attuale sistema di autoconservazione del potere esistente oggi in Italia, prevale sulle legittime aspirazioni del cittadino, di partecipazione al sistema e di rinnovamento quindi del sistema medesimo.

Non serve allora, soltanto, cambiare il sistema elettorale, nè addirittura potrebbe servire cambiare le maggioranze politiche sia di centrodestra che di centrosinistra; occorrerebbe piuttosto agire al fine di perseguire il benessere comune (scopo), consapevoli però che sarebbe assolutamente sbagliato piegare in base ai propri disegni politici l’apparato complessivo della tecnica di cui si dispone (mezzo), nello specifico il sistema democratico che ci appartiene. Diversamente, l’effetto che ne deriverebbe sarebbe infatti quello dell’indebolimento del mezzo stesso, ovvero dell’intero apparato e quindi del sistema stesso della democrazia. L’apparato, la tecnica, la democrazia ha invece bisogno di potenziarsi, perché più potente è lo strumento e più aumentano le possibilità che lo scopo possa, sì liberamente, realizzarsi.

In breve, quel che occorre alle nostre società globalizzate è il potenziamento dello strumento che ne consente l’organizzazione, ovvero un sistema di democrazia più ampia, e quindi, in definitiva, una pur sempre maggiore partecipazione del cittadino alla vita stessa della democrazia.