Il mese in corso è crocevia di numerosi intrighi politico-legislativi, prima ancora che istituzionali. Autorevolmente è stato sostenuto che il governo cadrà a gennaio, perché appare necessario e quindi scontato che il governo resista fino all’approvazione della Finanziaria.
Ma bisognerebbe pensare, almeno solo per un attimo, a quanti sacrifici una parte è costretta sul piano squisitamente politico. In proposito, non sarà, ad esempio, sfuggito ai più l’articolo di Giuseppe Tamburano, pubblicato su il Riformista di venerdì 7 dicembre, dal titolo: “Per la laicità, via dalla maggioranza” e rubricato: “Socialisti. Occasioni perse”. In breve, l’Autore si chiede che cosa debbano fare nell’immediata fase politica i socialisti e, asserendo di non aver alcun dubbio in proposito, conclude: “rompano solennemente con il governo e con la maggioranza assicurando a Prodi solo un eventuale <soccorso rosso> in caso di necessità. E si impegnino quotidianamente col massimo del vigore sui problemi del laicismo e della giustizia sociale”.
Si dà il caso che l’occasione sia data dall’approvazione al Senato del decreto legge sulla sicurezza. Nella fattispecie concreta, il nodo politico-legislativo per il governo è rappresentato dall’introduzione dell’art. 1-bis al testo, laddove è precisato che “All’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, il comma 1, è sostituito dal seguente: «1. salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, anche ai fini dell’attuazione dell’articolo 4 della convenzione è punito: a) con la reclusione fino a tre anni chiunque, incita a commettere o commette atti di discriminazione di cui all’articolo 13, n. 1 del trattato di Amsterdam”. In concreto, significa che nell’ordinamento giuridico italiano verrebbe introdotta una disposizione di legge che punirebbe, e considererebbe quindi reato, l’azione di chiunque compie o incita a compiere atti di discriminazione in relazione all’identità di genere.
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