Propongo una riflessione contro l’imperante retorica del Federalismo.
Figuratevi se un paese che non è in grado di esprimere una classe dirigente degna di questo nome può permettersi il lusso di generarne 20 (tante quante sono le Regioni d’Italia).
Per non parlare delle 100 Province (perdonate ma il numero esatto mi sfugge visto il continuo fiorire di fantasiosi agglomerati) o degli oltre 8000 Comuni dislocati lungo lo stivale.
Ognuno di questi ha i sui bravi presidenti, sindaci e consiglieri da mantenere e poi c’è il non meno importante (almeno numericamente ed economicamente) problema degli ex da ricollocare, stante la visione della politica come un mestiere da esercitare vita natural durante e non già un servizio da prestare alla collettività, che preveda la possibilità di ritirarsi a vita privata.
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Author: Andrea D’Uva
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Contro il federalismo – Nuova Italia S.p.A
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Una sola clausola: RESPONSABILITA’
Come in ogni campagna elettorale che si rispetti, anche stavolta i politicanti italici si sono lanciati al reciproco inseguimento sul piano della demagogia e della mistificazione della realtà. Primattori di questa patetica commedia sono Silvio Berlusconi e Walter Veltroni, ovvero i leaders dei principali partiti che si sfidano per il governo dell’Italia. I due si stanno sperticando in mirabolanti promesse, a base di detassazioni, abolizioni d’imposte, miracolose ricette per il rilancio dell’economia con relativa creazione di posti di lavoro (sicuro e ben retribuito beninteso). Non mancano piani straordinari, degni del miglior Amintore Fanfani, per dare una casa ad ogni giovane coppia che desideri metter su famiglia (a patto che questa sia regolarmente sposata – meglio se con il rito di Santa Romana Chiesa).
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[Liberatorio]Il surrealismo di Veltrusconi
Come in ogni campagna elettorale che si rispetti, anche stavolta i politicanti italici si sono lanciati al reciproco inseguimento sul piano della demagogia e della mistificazione della realtà. Primattori di questa patetica commedia sono Silvio Berlusconi e Walter Veltroni, ovvero i leaders dei principali partiti che si sfidano per il governo dell’Italia. I due si stanno sperticando in mirabolanti promesse, a base di detassazioni, abolizioni d’imposte, miracolose ricette per il rilancio dell’economia con relativa creazione di posti di lavoro (sicuro e ben retribuito beninteso). Non mancano piani straordinari, degni del miglior Amintore Fanfani, per dare una casa ad ogni giovane coppia che desideri metter su famiglia (a patto che questa sia regolarmente sposata – meglio se con il rito di Santa Romana Chiesa).
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Prodi ha combattuto ed è caduto: ora cada la testa del pavido Boselli
Con la caduta del Governo Prodi è finita quell’esile ed instabile maggioranza di Centrosinistra denominata Unione. La Costituente Socialista si trova spiazzata rispetto ad uno scenario che precipita verso le elezioni anticipate. La prospettiva più probabile è quella del voto che si terrebbe con l’attuale legge elettorale. Appare infatti altamente improbabile convincere Berlusconi ad accettare una soluzione che rimandi un vittorioso ritorno a Palazzo Chigi. Nel Centrosinistra dovrebbe essere fatta una profonda autocritica, ma pare che prevarrà, ancora una volta, la chiamata alle armi per fare fronte comune contro il redi-vivo berlusconismo. Verrebbe da dire che chi è causa del suo male può solo rimproverare se stesso.
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Emergenza rifiuti o emergenza Camorra? La vera emergenza è la politica
Le immagini delle strade di Napoli invase dai rifiuti hanno fatto il giro del mondo. Inutile sottolineare il danno all’immagine subito dal Bel Paese sommerso da un fiume di “munnezza” più simile ad una favela brasiliana che ad una moderna metropoli europea. Di fronte all’insorgere di un problema per cui esistono le soluzioni tecniche le responsabilità ricadono interamente sulla politica. Alcuni commentatori hanno parlato del problema delle infiltrazioni malavitose nella gestione dei rifiuti e nella strumentalizzazione delle proteste dei cittadini contrari alla riapertura delle discariche. Senza dubbio la questione mafiosa è un dramma dell’Italia che nel Sud assume una dimensione emergenziale ma è altrettanto innegabile che se tale realtà esiste non si capisce perché non si verifica lo stesso fenomeno a Palermo piuttosto che a Reggio Calabria o a Bari.
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Il blocco dei Tir e l’Italia del Guicciardini
Ancora una volta abbiamo assistito al deprimente spettacolo di un intero Paese che si piega all’interesse particolare di una singola categoria. Stavolta l’Italia è stata messa alle strette dal blocco degli autotrasportatori. Tempo 48 ore e l’intero sistema è finito in ginocchio: pompe di benzina a secco, scaffali dei supermercati vuoti, ancora qualche ora ed avremmo visto esplodere nelle strade scene d’isteria collettiva con la corsa all’accaparramento delle ultime scorte disponibili.
Alla fine i Tir sono ripartiti, a seguito delle generose elargizioni del governo e siamo tornati alla normalità. Qualcuno ha parlato, a ragione, di vittoria del Partito del blocco stradale. Prima dei camionisti erano stati i tassisti e prima ancora i benzinai ma non sono mancati gli scioperi selvaggi degli autoferrotranvieri o dei controllori di volo. Ogni volta che una determinata categoria vede messi in discussione i propri diritti – leggasi in alcuni casi privilegi – si sente in diritto di bloccare l’Italia intera, ricorrendo all’occupazione delle strade con buona pace dei comuni cittadini su cui ricadono tutti i disagi. Si potrebbe senza dubbio discutere della fragilità del sistema dei trasporti, in cui gli spostamenti delle persone, oltre che delle merci, si svolgono per la quasi totalità su gomma con i conseguenti disagi in termini di traffico ed inquinamento. Si potrebbe anche riflettere su un paese la cui dipendenza dal petrolio ha raggiunto livelli di criticità spaventosi, dove si è rischiato, e in alcuni casi raggiunto, lo stop delle attività produttive.