[Liberatorio]Il surrealismo di Veltrusconi

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Come in ogni campagna elettorale che si rispetti, anche stavolta i politicanti italici si sono lanciati al reciproco inseguimento sul piano della demagogia e della mistificazione della realtà. Primattori di questa patetica commedia sono Silvio Berlusconi e Walter Veltroni, ovvero i leaders dei principali partiti che si sfidano per il governo dell’Italia. I due si stanno sperticando in mirabolanti promesse, a base di detassazioni, abolizioni d’imposte, miracolose ricette per il rilancio dell’economia con relativa creazione di posti di lavoro (sicuro e ben retribuito beninteso). Non mancano piani straordinari, degni del miglior Amintore Fanfani, per dare una casa ad ogni giovane coppia che desideri metter su famiglia (a patto che questa sia regolarmente sposata – meglio se con il rito di Santa Romana Chiesa).
L’Italia dipinta da Veltrusconi, appare a dir poco surreale. Nel quadro di una crisi economica internazionale che appare più dura e strutturale del previsto, l’Italia si avvia verso un periodo di recessione. Con previsioni di crescita del Pil inferiore al 2%, non sembrano realistiche le laute promesse di redistribuire della ricchezza, vagamente bilanciate da generici tagli di spesa. A rischio appare l’unitarietà stessa del paese, non solo in termini geografici quanto di coesione sociale. Mentre la parte più garantita della società, cioè dipendenti pubblici, pensionati e lavoratori delle grandi imprese potranno continuare a vivere al riparo della politica, laddove non lo faccia direttamente grazie ad essa, la parte più dinamica e produttiva della società, non necessariamente concentrata al Nord, è stufa di pagare tasse sempre più esose ad uno Stato che non restituisce nulla in termini di infrastrutture e servizi, anzi che penalizza la competitività e drena risorse con la sua burocrazia inefficiente. Per questo il fenomeno dell’evasione fiscale è divenuto così rilevante, si cerca di sfuggire alle regole imposte da uno Stato che appare nemico e che veicola la ricchezza verso la spesa pubblica improduttiva. Al Sud, è persino peggio poiché allo Stato si affianca la criminalità organizzata che gestisce un’economia parallela valutata nell’ordine dei 100 miliardi di euro, e che negli anni non ha mancato di infiltrarsi anche nelle ricche regioni del Centro – Nord. Ovviamente per fare i suoi affari sporchi si avvantaggia della connivenza di una politica che veicola fiumi di soldi pubblici con i quali alimenta il proprio consenso elettorale. Si potrebbe dire che al Centro – Nord si soffre per il troppo Stato mentre al Sud il problema è che lo Stato non c’è o meglio quello che c’è non riesce a difendere dalla prevaricazione criminale e da esso ci si attende solo sempre maggiore assistenza, in termini di appalti e posti di lavoro inutili. Se continueremo a rimandare le scelte decisive finiremo, non tanto per collassare sotto il peso del debito pubblico, quanto per argentinizzarci lentamente, laddove i nostri titoli di Stato non saranno più appetibili per gli investitori internazionali poiché considerati non più esigibili. Per interrompere questo declino vorremmo che almeno uno dei protagonisti della politica facesse della legalità e del senso di responsabilità la priorità assoluta, iniziando dalla lotta alla criminalità. Non generiche dichiarazioni-spot, ma un piano organico per dotare magistrati e forze dell’ordine di strumenti e mezzi adeguati, legati ad impegni verificabili in termini di territorio riconquistato alla legalità e danaro sequestrato alle organizzazioni mafiose. Combattere l’evasione fiscale sapendo che questa si concentra in determinate categorie ma anche e soprattutto in certe zone dell’Italia dove lo Stato è assente o complice. La spesa pubblica deve essere riqualificata e lo si deve fare partendo dalla qualità dei servizi erogati anche se questo vuol dire tagliare posti di lavoro inutili, il cui unico obiettivo è la rendita del consenso politico. Eliminare gli sprechi significa mobilitare il personale in base alle reali necessità dei servizi e ridurre l’ingerenza della politica, che ingrassa nei consigli di amministrazione di istituzioni e società dai compiti più disparati ed improbabili. Quando questa campagna elettorale da telenovelas sudamericana sarà finita l’Italia dovrà fare i conti con i suoi problemi strutturali, che resteranno sul tappeto e la politica, da cui derivano gran parte dei problemi stessi, sarà chiamata a riformare se stessa ponendo un limite alla sua prevaricazione sulla società, altrimenti saranno pezzi di società, magari concentrati in una parte di territorio, a chiamarsi fuori organizzandosi per assumere in proprio le responsabilità del caso o meglio per non farsi più carico di quelle degli altri.