[Interviste]Qualche domanda ad Alessio Falconio

Alessio Falconio, mio compagno di classe nei lunghi anni del liceo e amico sincero, è corrispondente dalla Camera dei deputati di Radio Radicale, autore di inchieste e appassionato rappresentante del mondo radicale.

D. Secondo te i Radicali, che da anni si battono per la riforma anglosassone della politica italiana, diverranno, in un futuro anche lontano, una componente del Partito democratico o continueranno a svolgere dall’esterno un’azione di pungolo? So che è una domanda difficile, ma proviamoci…

R. Credo che l’operazione tentata con le nove candidature sia proprio quella di innestare il Pd con quella tradizione liberale, cioè radicale. Questo malgrado la modestia dei personaggi messi alla guida del Pd. Si pensi, per dirne una, al modo in cui Franceschini, Bindi e Fioroni hanno pensato solo a candidare i loro portaborse, dopo aver lucrato qualche posto in più per le rispettive cordate proprio in virtù della presenza radicale e della necessità di dar maggior visibilità ai sedicenti cattolici. Per non parlare di un personaggio come Goffredo Bettini piuttosto che di Veltroni stesso. La cifra di questo ceto dirigente è la mediocrità, in modo impressionante.

D. Perché in Italia la questione socialista resta sempre irrisolta, pur cogliendone tutti l’importanza? Perché non si riesce a elaborare l’esperienza del Psi e a trasferirla in un nuovo soggetto politico? Eppure forze come il Psoe, il Psf, l’Spd, il New Labour sono più che mai vitali.

R. Il partito più simile in Europa al nostro ex Pci mi pare quello degli ex comunisti polacchi, così come Berlusconi e Fini e Tremonti sono pericolosamente sovrapponibili ai gemelli Kacinski. L’anomalia socialista in Italia è rappresentata dal fatto che molto voti del Psi vanno a Fi. Le uniche due volte in cui hanno ripreso la via di una forza di sinistra sono nel 1999, quando la lista Bonino ottiene l’8,7%, e nel 2006 quando, seppur in misura inferiore alle europee di sette anni prima, la Rosa nel Pugno porta a sinistra voti che stavano in Fi o comunque fuori dei due poli, e fa vincere Prodi con un milione di voti in una competizione vinta per 24.000 schede in più. Purtroppo la mediocrità di Boselli ha impedito che la Rnp andasse avanti e che il Pd dovesse fare i conti con l’intera Rosa, con ciò che avrebbe significato , e non con le singole componenti. Ma il discorso in un modo o nell’altro riprenderà dopo le politiche di aprile.

D. Siamo molto lontani dall’avere in Italia una sinistra e una destra liberali oppure si tratta di un traguardo a portata di mano? Cosa può aver determinato l’esclusione di Daniele Capezzone dalle liste del Popolo della libertà?

R. Credo che Daniele abbia in qualche modo pagato la sua presunta vicinanza ad una delle correnti interne a Fi, quella dei circoli di Dell’Utri, o almeno così me l’hanno spiegata, in un partito nel quale ognuno ha pensato a mettere in lista solo i propri dipendenti. Vediamo se davvero in caso di vittoria di Berlusconi gli conferiranno un incarico di governo. Sulla sinistra liberale vale ciò che ho detto sopra. Per la destra liberale l’aver fatto fuori per raggiunti limiti di età Alfredo Biondi ed Egidio Sterpa, piuttosto che Jannuzzi, ed averli rimpiazzati con il chirurgo estetico del Cavaliere piuttosto che con un’infermiera che gli faceva i massaggi al volto, credo che la dica lunga su questa destra. Se poi si aggiunge che l’unico pensatore sembra essere Giulio Tremonti, sempre più ideologo delle paure, c’è da essere molto pessimisti. Non resta che sperare in Della Vedova e Martino, che almeno uno dei due abbia un ruolo di ministro nell’eventuale governo Berlusconi.