Welcome in the Virtual Society Era

Dicono e scrivono i più autorevoli intellettuali di questo paese sulle colonne del più autorevole giornale italiano che il progetto del partito democratico è destinato ad un sonoro fallimento. Pur trovandola un’analisi assolutamente corretta, sono rimasto invero assai incuriosito dalle motivazioni di uno di loro: scrive Galli della Loggia sulle colonne del Corriere della Sera che l’incontro tra post-comunisti e cattolici è destinato a fallire sostanzialmente perché ”la «modernità» è divenuta, insieme alla sua sorella la «laicità», assai più della «giustizia» o della «solidarietà» il vero e massimo connotato ideologico dello schieramento progressista”. E perché la “posizione cattolica ha preso a identificarsi con una critica sempre più approfondita e combattiva verso la medesima «modernità»”.

In realtà credo che Galli della Loggia abbia sostanzialmente ragione, la mia curiosità nasce però dal fatto che sia dato per scontato che le critiche alla modernità possano venire solo dai cattolici; ecco perché, facendo seguito a un articolo sulle coppie omosessuali pubblicato a dicembre su questo magazine (e riprendendo un filone iniziato già nel primo numero (cfr “sulla modernità” Baroncelli), ho deciso di portare avanti la mia critica di sinistra alla modernità.

Il mio attacco lo voglio portare contro quello che secondo me è uno dei capisaldi della modernità: la “società virtuale”. Siccome la definizione è mia mi tocca spiegarla: per metterla semplice, trascorriamo sempre meno tempo ad interagire con altri esseri umani e sempre più tempo ad interagire con le macchine.

Televisione, computer, cellulare è la triade della socialità virtuale moderna, Talk Show di bassa lega per indagare le forme dei rapporti sociali, Messenger e Sms per intrattenerli. E se la compagna televisione ci ha introdotti alla solitudine in compagnia, il compagno lettore mp3 ci garantisce la compagnia in solitudine.

I più ganzi sono in grado di soddisfare più o meno qualunque bisogno tramite internet, senza alzarsi dal pc: l’informazione e la conoscenza sono garantite da Wikipedia, gli interessi personali si possono condividere virtualmente sui vari forum tematici, i servizi online sono realtà ormai perfino in Italia.

La tendenza alla virtualità è palese e verificabile concretamente nell’esistenza di ciascuno di noi, restano da capire le cause di questo fenomeno e la sua possibile deriva.

Nel mondo libero i prodotti tecnologici vanno naturalmente a coprire bisogni e necessità dei cittadini, così il telefono cellulare risponde al bisogno di comunicare facilmente, l’automobile al piacere della libertà di movimento ed il forno a microonde alla comodità di cucinare in fretta. Ho citato questi tre totem della modernità come esempi positivi: lo sviluppo tecnologico ci libera da necessità e bisogni, ci semplifica la vita alleviando anche le più banali insofferenze di tutti i giorni. Anche per la virtualizzazione della società il motore primo è la libera realizzazione di bisogni potenti: il dato essenziale è che l’interazione con una macchina è per sua natura più facile che quella con un altro essere umano; la macchina è “user-friendly”, un rapporto umano è quanto di più meravigliosamente complicato possa esistere.

Il problema, e così arrivo a tratteggiare il mio bel futuro catastrofico, è che essendo l’uomo un animale sociale, farlo vivere in una società virtuale significa fondamentalmente cambiare un tratto essenziale della sua natura, è letteralmente una cosa disumana.

La possibile deriva è dunque quella di una crescente incapacità relazionale, di una società di Nerd rinchiusi nei loro santuari di tecnologia.

Va aggiunto un dato rilevantissimo: la società virtuale demonizza tutto ciò che virtuale non è! La fisicità delle cose è connotata vieppiù negativamente a partire dalle forme e dallo stile (tutto deve essere piccolo, leggero, morbido, delicato, perfino le macchine e i grattacieli), il contatto fisico col mondo delle cose è intrinsecamente malvisto (l’ossessione della pulizia e dell’igiene), quello col mondo degli uomini diventa sempre più problematico (la freddezza sempre più diffusa), perfino le forme più deteriori di fisicità, la morte e la violenza, sembrano subire una rimozione culturale e sociale che non esito a definire paranoica.

Il grandissimo scrittore di fantascienza Isaac Asimov, politicamente progressista e di formazione scientifica, ha tratteggiato nel suo “Il sole nudo” (1957) una società estremamente virtuale che costituisce a mio avviso una profezia sinistra. Su un piccolo pianeta chiamato Solaria, coloni terrestri costituiscono l’embrione di una società “perfetta”: pochi milioni di esseri umani si spartiscono un territorio vastissimo in cui poter vivere crogiolati nelle comodità, serviti e riveriti dagli onnipresenti robot (tema dominante della letteratura Asimoviana e splendida rappresentazione del crescente ruolo che le macchine esercitano nella nostra vita). I rapporti umani sono garantiti da teleconferenze 3d e tanto basta, il mondo è completamente asettico ed ogni cosa è pulita e in ordine, il corpo stesso di questi uomini “spaziali” ha subito trasformazioni evidenti (sono più alti, magri e delicati). La sessualità è vista con sospetto e malcelata insofferenza: un dovere da ottemperare unicamente per la perpetuazione della specie; e qui si vede come appena mezzo secolo fa, il grandissimo scrittore americano non potesse prevedere gli sviluppi della tecnologia genetica che permetterà in un futuro non tanto lontano di svincolare definitivamente la riproduzione dalla sessualità.

E dunque se questi sono i possibili esiti, non posso non schierarmi un po’ ideologicamente contro la società virtuale e le sue varie manifestazioni, non posso non schierarmi con tutte le occasioni di partecipazione, contatto, contaminazione, condivisione. Dalla parte dei concerti rock e non di Mtv, delle manifestazioni politiche e non delle campagne mediatiche, delle partite viste allo stadio e non in pay-tv, delle partite a calcetto e non al computer, dei comizi in piazza e non a porta a porta, e siccome sono un estremista, perfino dalla parte dei Figth Club del film omonimo che buttano a mare con leggerezza il luogo comune un po’ stantio che la violenza vada estirpata dalla società.

Il mio appello accorato è dunque perché non si lasci alla cultura cattolica il compito di criticare questo come altri aspetti del mondo moderno, perché in nome degli ideali di giustizia e solidarietà la sinistra e il socialismo hanno ancora tanto da dire dopo aver detto tanto, in termini di critica alla modernità.