Category: Politica Interna

  • Un Partito nuovo: il Partito che vogliamo

    In questa fase di particolare mobilitazione e ridislocamento delle forze che compongono i due schieramenti, la politica italiana necessità di un rilancio forte del ruolo dei Partiti e non, come da molti auspicato, di un loro definitivo superamento. Innanzitutto sarebbe opportuno un intervento legislativo, magari costituzionale, che dia finalmente attuazione all’art. 49 della Costituzione, volto a regolare il funzionamento interno dei Partiti e finalmente in grado di assicurare meccanismi democratici di selezione dei loro attori basati sui criteri di pari opportunità e meritocrazia.
    Pari opportunità nel senso di garanzia per tutti i cittadini di poter prendere parte alla competizione per l’affermazione e il riconoscimento di un ruolo all’interno degli organismi e delle strutture del Partito. Dobbiamo assolutamente combattere l’idea di un Partito in cui prevalga la logica della discriminazione sessuale, razziale o di censo nel processo di individuazione della propria classe dirigente. Ad oggi le possibilità di accesso e di affermazione, soprattutto per noi giovani, sono fortemente condizionate dalle disponibilità economiche dei singoli pretendenti o dalla fama degli attori politici. È allora indispensabile che un partito nuovo, come si candida ad essere il Partito Socialista, sia in grado di garantire, soprattutto a noi giovani, la possibilità di competere e raccogliere consensi, a tutto vantaggio di un ricambio democratico e qualificante della classe dirigente.
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  • Le seduzioni dell’Aventino

    La tradizione socialista è una cultura politica consolidata in Europa nelle sue espressioni più alte. E’ una tradizione che affonda le sue radici nelle pagine migliori dell’Illuminismo ma che non cede al richiamo delle soluzioni facili del Terrore. Il socialismo è nato là dove all’ideale etico seguiva necessariamente l’azione pratica, ed è sull’etica e sulla pratica che si sono consumate le scelte, le battaglie ed anche le scissioni della sua storia. La coerenza ai propri valori ed alle idee sono una delle forze motrici di qualsiasi azione politica ma se uniti alla cultura del particulare di guicciardiniana memoria, sono anche la premessa all’immobilità.

    Certi valori poi, mettono d’accordo molti: libertà d’espressione, laicità, giustizia sociale, legalità. Sono grandi bandiere che mettono in bella mostra il “cosa” cioè l’orizzonte di senso della vita politica. Ma ciò che distingue i proclami dalle riforme non è il “cosa” ma il “come”. Come garantire quei valori e quegli ideali, con che strumenti, con quali azioni, con quale cultura. Per una sinistra moderna, liberale e socialista la sfida sta proprio in questo suo primo passo. Alla luce di questo passo si pongono dunque due letture possibili. O si dà battaglia per i valori di questa sinistra all’interno di una coalizione che mira ad essere di governo, oppure si cede alle seduzioni dell’Aventino andando per una strada solitaria e si smette, di fatto, di fare politica.

    La riflessione di base può anche essere meno sofisticata. E’ una questione di poltrone oppure no? La storia ci insegna che non basta la genuinità delle idee per vederle affermate né la loro presunta universalità. Mettersi in gioco oppure riproporre il disagio di una conventicola di intellettuali critici e inascoltati. Adesso si scelga.

  • Il nuovissimo corso socialista

    Troppi, troppi anni sono passati da quel lontano 1994, anno in cui scompariva dal panorama politico italiano il partito socialista. La scomparsa di quel partito non può essere letta come la semplice scomparsa di un contenitore; insieme al partito scomparve in Italia quella cultura riformista e di governo alla continua ricerca di soluzioni consone alla mutevole realtà sociale. I disastri della politica della seconda repubblica sono noti e sotto gli occhi di tutti: l’incapacità di riformare il sistema Italia, partendo dalle istituzioni, passando per il mercato del lavoro e l’istruzione fino ad arrivare all’incapacità di governare un melting-pot in salsa italiana sono solo alcuni degli esempi che si potrebbero addurre per giustificare il costante arretrare della nostra nazione rispetto alle altre democrazie europee; E così ieri l’incubo degli italiani erano gli albanesi, oggi i rumeni, domani chi sarà?

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  • Le affinità elettorali

    Una parte piuttosto consistente degli ordinamenti democratici contemporanei utilizza un termine specifico per definire la fattispecie pratica di forzata convivenza istituzionale tra due soggetti partitici altrimenti antagonisti. Si va dall’”Anatra Zoppa” americana, con cui si indica il funzionamento della macchina amministrativa nel caso di una maggioranza congressuale differente dal partito del Presidente Federale, alla “Coabitazione” della quinta repubblica francese, verificatasi per la prima volta 21 anni orsono, tra Presidente e Primo Ministro di schieramenti difficilmente conciliabili.

    Nel modello britannico, l’accezione assume tinte apparentemente sinistre, con l’individuazione del Primo Ministro Ombra, dotato relativo apparato governativo alternativo. Una figura che trova addirittura la propria veste ufficiale nell’ordinamento parlamentare e che rappresenta il caso, più unico che raro, di accurata regolamentazione legislativa del ruolo dell’opposizione.

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  • Come sarà la Terza Repubblica?

    Nell’ultimo mese abbiamo assistito ad un crescendo di avvenimenti: la nascita del partito democratico (14 ottobre), il disfacimento finale dell’Unione (sulla finanziaria, alla camera come al senato) e della Casa delle Libertà (rottura definitiva tra An, Udc e FI) e per finire la nascita, improvvisa quanto spettacolare, del Partito del Popolo (18 novembre, da qui in avanti semplicemente PB, Partito Berlusconiano). Ma il terremoto che ha fatto deflagrare il sistema politico italiano ha preso avvio all’inizio dell’anno, con la prima crisi del governo Prodi e l’inizio del processo costituente del Partito Democratico, e affonda le sue radici nella crisi irreversibile della stagione politica nota come Seconda Repubblica, 15 anni in cui il paese è rimasto ostaggio della contrapposizione artificiosa tra una coalizione “comunista” ed un “berlusconiana”

    Il 2007 dunque, come già capitato al 1992, sarà ricordato come l’anno della svolta: lo sbriciolamento della Seconda Repubblica, sulle cui ceneri inevitabilmente nascerà la terza.

    E’ pertanto estremamente attuale domandarsi come sarà la Terza Repubblica. Molti osservatori hanno visto in questi anni nella seconda repubblica, null’altro che la prosecuzione della prima in una sorta di transizione incompiuta che non ha prodotto i risultati sperati. Oggi è quindi fondamentale interrogarsi sugli elementi necessari a far sì che l’evoluzione del sistema politico si compia davvero e l’Italia inizi ad essere una democrazia efficiente, in cui gli elettori possano essere rappresentati ed effettivamente in grado di determinare le politiche del paese attraverso un sistema partitico in grado di produrre “buona politica”.

    Tre sono gli elementi che è opportuno considerare per giudicare lo stato della transizione in atto e la sua destinazione finale: gli attori che si confrontano, le strategie da loro utilizzate e le regole del gioco politico in cui si confrontano.

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  • La ripresa del socialismo in Italia: quali possibilità.

    Per chi vuole impegnarsi in politica, giovane o adulto che sia, è molto più facile ( e conveniente) partecipare alla costituente del Partito democratico o a quella della Cosa rossa che alla Costituente socialista. Per quale ragione? Perchè solo un vero idealista, chi crede sul serio e non per piaggeria ai valori ed ai programmi del Pse può spendere energie e passione politica nell’improba impresa della Costituente socialista, peraltro soggetta ad un inaudito oscuramento da parte dei mezzi di informazione.

    Molti compagni (ovviamente non tutti) sono saliti sul pulman affollatissimo del Pd solo per non essere esclusi dal potere che conta mentre altri preferiscono la Cosa rossa perchè, in via principale, non ritengono di poter convivere con due o tre ex-psi “chiacchierati” come De Michelis,che è diventato, ingiustamente, per alcuni peggio di un appestato, quando sappiamo bene dei milioni e milioni di euro “ingoiati da tutti i partiti, di destra e sinistra nella seconda repubblica perchè, come hanno detto giustamente Salvi e Villone, la casta è stata capace negli ultimi dodici anni di legalizzare la corruzione o perlomeno di favorirne l’espansione (e penso alla pessima gestione bassoliniana e demitiana della regione Campania, ad esempio, dove sono tutti coinvolti inclusa l’opposizione). Ma tant‘è.

    La tristezza è che tanti socialisti hanno deciso di annullarsi chi nel Pd chi nella cosa rossa.. Spero sempre che, prima o poi, abbiano uno scatto d’orgoglio.Comunque, a mio parere, in Italia c’è ancora uno spazio socialista. Penso che le aree socialiste siano tre : la prima nel Partito socialista dove confluiscono componenti e filoni provenienti dalla “diaspora” del Psi nonchè svariati club e circoli socialisteggianti, la seconda nel Pd ovvero la componente DLS (Democatici Laici Socialisti) che ha formato la corrente “A sinistra per Veltroni” con l’obiettivo (vano) di fare aderire il Pd al Pse. E’ qui che risiede l’aspetto più eclatante della questione socialista perchè la parte legata al riformismo di marca “laburista” comprende il grosso dell’elettorato “socialdemocratico”, quello che -tanto per intenderci – votava l’ex-Pci come se si fosse trattato di scegliere un qualsiasi partito di stampo laburista. E il fatto sorprendente sta nel fatto che questo elettorato progressista/socialista è, secondo me, vittima di un gigantesco abbaglio collettivo massmediale e di un oggettivo raggiro politico ideologico perpetrato dal gruppo dirigente degli ex-ds, a causa dei quali è rimasto intrappolato nel recinto tendenzialmente “centrista” del PD.

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  • Sullo Stato. Chi ha ragione: Hegel o Locke?

    E’ lo Stato un soggetto trascendente, emanazione di Dio in terra, infallibile per il suo primato etico, ente che concede ai cittadini i diritti di cui essi usufruiscono? Oppure lo Stato è frutto di un patto sociale, di un accordo tra donne e uomini già naturalmente in possesso dei propri diritti, e che decidono di sacrificare parte della propria libertà per regolare le relazioni sociali? Con una eccessivamente grossolana semplificazione, la domanda potrebbe essere: ha ragione Hegel o ha ragione Locke?

    Sebbene possa sembrare pura astrazione intellettuale, una questione prettamente adatta a sedi accademiche, dalla tenzone tra queste due concezioni primarie ed opposite scaturisce in realtà un’importantissima disquisizione sulla natura fondante dello Stato, che si ripercuote necessariamente nella declinazione e nella regolazione dei rapporti concernenti la socialità umana all’interno dello stesso.

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