Una parte piuttosto consistente degli ordinamenti democratici contemporanei utilizza un termine specifico per definire la fattispecie pratica di forzata convivenza istituzionale tra due soggetti partitici altrimenti antagonisti. Si va dall’”Anatra Zoppa” americana, con cui si indica il funzionamento della macchina amministrativa nel caso di una maggioranza congressuale differente dal partito del Presidente Federale, alla “Coabitazione” della quinta repubblica francese, verificatasi per la prima volta 21 anni orsono, tra Presidente e Primo Ministro di schieramenti difficilmente conciliabili.
Nel modello britannico, l’accezione assume tinte apparentemente sinistre, con l’individuazione del Primo Ministro Ombra, dotato relativo apparato governativo alternativo. Una figura che trova addirittura la propria veste ufficiale nell’ordinamento parlamentare e che rappresenta il caso, più unico che raro, di accurata regolamentazione legislativa del ruolo dell’opposizione.
In Italia, nell’anno 13 della transizione post-referendaria, la realtà coabitativa, lungi da un collocamento de iure, esorbita dall’alveo costituzionale e si posiziona direttamente nel contesto ipertrofico della comunicazione di massa. In verità, ciò che stupirebbe di più un osservatore esterno alle vicende del Belpaese, non è tanto la modalità, quanto la composizione del dualismo: Premier e Leader dell’opposizione, come logico attendersi in un sistema bipolare? Non proprio.
Il segretario del partito nato formalmente anche per rafforzare la posizione del capo del governo, ma di cui il medesimo non è il leader, da un lato; e l’uomo simbolo dell’ultimo partito personale rimasto sulla scena europea, fresco di asprissimo smarcamento lampo dagli alleati dell’opposizione, dall’altro.
Una bizzarria, più che un ordinato ed ordinario bipolarismo, per cui già è stato coniato il neologismo “Veltrusconi”.
E così, il giorno zero dell’Italia Veltrusconiana, albeggia due volte: sale stampe distinte, seppur contigue; conferenze distinte, seppur consecutive; stesse domande, risposte diverse, ed esito scontato. Al punto tale che resta da chiedersi se dall’incontro scaturiscano effettivamente notizie d’interesse, o novità pratiche. Si parla di convergenza, di punto d’equilibrio e di normalità del Paese. Veltroni, sornione, sembra non nascondere i tratti caricaturali che hanno fatto la fortuna dei suoi imitatori. Il numero uno del Partito Democratico si definisce soddisfatto dall’incontro di due forze politiche “alternative, ma anche (Crozza docet!) in grado di lavorare insieme” e auspica, rispolverando il classico “I Care”, la convergenza necessaria per le riforme istituzionali, nel comune interesse del bene dei Cittadini tutti. “Componendo i contrasti”, aggiungerebbe Corrado Guzzanti.
Non meno stereotipo il leader del nascente PdL che, con un pizzico di fairplay in meno del rivale ma con tono insolitamente solenne, sembra essenzialmente ripetere i temi portanti dei 18 mesi di opposizione: inammissibilità del governo Prodi, necessità di dimissioni del medesimo, e il “non possumus” su qualsiasi iniziativa della maggioranza, eccezion fatta per la legge elettorale. Nulla che non sia già stato dichiarato, quotidianamente, dall’aprile del 2006 ad oggi. Uniche variazioni sul tema, il panegirico sulla ventennale frequentazione con il neo-segretario del PD e un inusuale “no comment” di fronte all’invito ad esprimersi sugli orrori del comunismo, uno dei discorsi preferiti dal Cavaliere.
Tirando le somme, quindi, il flebile e significativo punto focale tra i due, altro non è se non il già noto, e difficilmente ignorabile, intento di superare l’attuale sistema elettorale. Ovvero: una necessità su cui l’intero arco costituzionale concorda dal 2006, compreso l’estensore della legge attualmente in vigore.
Il modello di convergenza, ovviamente, è quel “Vassallum”, un po’ tedesco e un po’ spagnolo, senza liste di preferenza (in barba all’opinione pubblica davvero bipartisan sull’argomento) e con peculiarità che, incredibile a dirsi, calzano a pennello sui partiti più forti delle rispettive coalizioni. Veltroni lo definisce come in grado di rafforzare il bipolarismo, e, contestualmente, anche il principio proporzionale, appianando le distanze tra le due componenti.
Peccato che, al momento, l’unico bipolarismo che sembra delinearsi da tale punto d’incontro sia quello che oppone a PD e PdL la la levata di scudi che parte da Gianfranco Fini e circumnaviga il globo politico fino a Diliberto, riuscendo a unire nelle perplessità Mastella e Rifondazione, Calderoli e Pecoraro Scanio, Bordon e Storace.
Ma, in fondo, sono solo improbabili dualismi strutturali destinati ad essere assorbiti dall’ordinamento politico.
Come l’Anatra Zoppa, la Coabitazione, il Governo Ombra. E il Paese Normale.