La tradizione socialista è una cultura politica consolidata in Europa nelle sue espressioni più alte. E’ una tradizione che affonda le sue radici nelle pagine migliori dell’Illuminismo ma che non cede al richiamo delle soluzioni facili del Terrore. Il socialismo è nato là dove all’ideale etico seguiva necessariamente l’azione pratica, ed è sull’etica e sulla pratica che si sono consumate le scelte, le battaglie ed anche le scissioni della sua storia. La coerenza ai propri valori ed alle idee sono una delle forze motrici di qualsiasi azione politica ma se uniti alla cultura del particulare di guicciardiniana memoria, sono anche la premessa all’immobilità.
Certi valori poi, mettono d’accordo molti: libertà d’espressione, laicità, giustizia sociale, legalità. Sono grandi bandiere che mettono in bella mostra il “cosa” cioè l’orizzonte di senso della vita politica. Ma ciò che distingue i proclami dalle riforme non è il “cosa” ma il “come”. Come garantire quei valori e quegli ideali, con che strumenti, con quali azioni, con quale cultura. Per una sinistra moderna, liberale e socialista la sfida sta proprio in questo suo primo passo. Alla luce di questo passo si pongono dunque due letture possibili. O si dà battaglia per i valori di questa sinistra all’interno di una coalizione che mira ad essere di governo, oppure si cede alle seduzioni dell’Aventino andando per una strada solitaria e si smette, di fatto, di fare politica.
La riflessione di base può anche essere meno sofisticata. E’ una questione di poltrone oppure no? La storia ci insegna che non basta la genuinità delle idee per vederle affermate né la loro presunta universalità. Mettersi in gioco oppure riproporre il disagio di una conventicola di intellettuali critici e inascoltati. Adesso si scelga.