In questa fase di particolare mobilitazione e ridislocamento delle forze che compongono i due schieramenti, la politica italiana necessità di un rilancio forte del ruolo dei Partiti e non, come da molti auspicato, di un loro definitivo superamento. Innanzitutto sarebbe opportuno un intervento legislativo, magari costituzionale, che dia finalmente attuazione all’art. 49 della Costituzione, volto a regolare il funzionamento interno dei Partiti e finalmente in grado di assicurare meccanismi democratici di selezione dei loro attori basati sui criteri di pari opportunità e meritocrazia.
Pari opportunità nel senso di garanzia per tutti i cittadini di poter prendere parte alla competizione per l’affermazione e il riconoscimento di un ruolo all’interno degli organismi e delle strutture del Partito. Dobbiamo assolutamente combattere l’idea di un Partito in cui prevalga la logica della discriminazione sessuale, razziale o di censo nel processo di individuazione della propria classe dirigente. Ad oggi le possibilità di accesso e di affermazione, soprattutto per noi giovani, sono fortemente condizionate dalle disponibilità economiche dei singoli pretendenti o dalla fama degli attori politici. È allora indispensabile che un partito nuovo, come si candida ad essere il Partito Socialista, sia in grado di garantire, soprattutto a noi giovani, la possibilità di competere e raccogliere consensi, a tutto vantaggio di un ricambio democratico e qualificante della classe dirigente.
Meritocrazia nel senso di un totale superamento del sistema delle cooptazioni a favore di processi selettivi dominati da logiche meritocratiche. Ad oggi le fortune politiche, soprattutto di noi giovani, sono fortemente condizionate dall’appartenenza ad un determinato entourage o da logiche nepotistiche in cui ruoli e poltrone sono tramandate in famiglia. Al contrario il Partito Socialista deve essere in grado di rinnovarsi e rifondarsi attraverso un processo di selezione meritocratica dei suoi dirigenti, l’unico in grado di garantire la valorizzazione delle eccellenze intellettuali e morali che vi orbitano.
Il nascente Partito Socialista dovrebbe rivedere, in senso diametralmente opposto, il particolare modello di centralismo democratico, oggi più che mai obsoleto e oppressivo, a cui ha tentato più volte di ispirarsi. L’opportunità di costituire permanete un Partito nuovo passa attraverso la sua capacità di dotarsi, fin da subito, di una struttura fortemente federata, aperta, plurale e pluralista. L’obiettivo è quello di invertire il senso di marcia di propagazione delle idee attraverso meccanismi in grado da far sì che siano i territori e le federazioni regionali a fornire alla struttura centrale i contributi necessari per la formazione poi di un generale indirizzo, formale e sostanziale, d’azione politica e amministrativa. Un Partito pronto a confrontarsi con una società fortemente differenziata e frammentata, dal punto di vista delle criticità che la affliggono, e con la pluralità di domande di coinvolgimento che da essa provengono. Pluralismo politico significa no ad una confederazione di correnti, ma anche un secco no ad un Partito monolitico. Un Partito in cui senso critico e competizione dialettica diventino il metodo per l’elaborazione di proposte credibili e soluzioni praticabili, e soprattutto un Partito in grado di riconoscere, garantire e valorizzare il ruolo delle minoranze.
Credo che un Partito nuovo e moderno debba dotarsi di una struttura snella ma radicata sul territorio, attraverso la costituzione di organismi locali non solo di rappresentanza, all’interno dei quali siano garantiti alcuni principi fondamentali, come la valorizzazione del pluralismo dialettico e soprattutto il voto a scrutinio segreto.
Da un punto di vista strettamente strutturale sarebbe opportuno un superamento degli attuali schemi dell’organizzazione regionale del Partito attraverso la costituzione, in luogo dell’attuale Federazione Provinciale, di un nuovo organo di coordinamento composto dai vari Segretari dei Comprensori nei quali dovrebbe essere suddiviso il territorio regionale, con competenze esclusive in materia di politica territoriale e di supporto agli amministratori locali in materia di governo del territorio.
Scendendo al livello locale, e quindi a quello più importante, è fondamentale che le sezioni riescano a recuperare quella particolare funzione di vere e proprie scuole di formazione politica che avevano un tempo. Un ruolo che ormai in tutti i partiti hanno perso da anni, e che invece devono recuperare e sviluppare, magari affiancandosi al percorso scolastico e universitario, nella formazione di nuove classi di dirigenti in cui siano perfettamente integrate competenze tecniche e capacità analitiche e propositive.
Fermo restando la necessità di garantire la massima rappresentanza all’interno dei nuovi organismi, è indispensabile una loro organizzazione in strutture semplici, snelle e soprattutto funzionali nello svolgimento delle competenze assegnate. Organismi cioè in grado di interagire con grande armonia ed equilibrio non solo fra di essi, ma soprattutto con quella molteplicità di nuovi soggetti che oggi sempre più insistentemente chiedono di partecipare alla gestione della cosa pubblica: associazioni, movimenti, circoli e singoli membri della società civile.
In fine l’adozione del metodo delle primarie per la scelta dei candidati alle cariche monocratiche di governo, così come l’elezione diretta del leader da parte degli aderenti, e la coincidenza del leader con una piattaforma politica e programmatica.
In conclusione, come giovani socialista, credo che l’obiettivo di dare vita ad un Partito nuovo, e non semplicemente ad un nuovo Partito, sarà raggiunto se questo sarà in grado di assolvere tre funzioni fondamentali:
– la prima funzione è quella di dotarsi di menti brillanti in grado di elaborare analisi e di progettare soluzioni ai grandi problemi che la trasformazione in corso della società pone sul tavolo dell’azione di governo;
– la seconda funzione è quella di produrre una classe politica che entri nelle strutture, locali nazionali ed internazionali, dove si gestisce la funzione di governo. Per questi compiti occorre garantire competizione fra gli uomini e le donne, selezione aperta, educazione alla specificità del compito, ma senza illudersi di poter uscire, se non per limitate eccezioni, dalla dimensione della professionalità e del merito;
– la terza funzione è quella di “educare alla politica”. L’educazione alla politica è quel particolare punto di raccordo dove si garantisce il contatto fra mondo della politica e società civile, ma soprattutto che garantisce l’interscambiabilità dei ruoli.
Queste tre funzioni, un tempo incarnate perfettamente dai grandi partiti di massa, non possono più essere mantenute unite.
Il Partito Socialista potrebbe essere il primo a sperimentare una articolazione su tre livelli, indipendenti per quanto connessi. Questo al fine di produrre quella dialettica virtuosa nella creazione di circuiti funzionali all’emersione di diverse leadership (culturali, organizzative, istituzionali), magari diverse ma non in competizione fra loro perché tutte necessarie. Ma soprattutto perché così si romperebbe quella sottile linea rossa che accomuna oggi i vari attori della nostra scena politica e che si chiama autoreferenzialità dei vertici politici che non rispondono più a nessuno.
In conclusione auspichiamo una riorganizzazione consapevole e in chiave moderna delle funzioni che i grandi partiti hanno esercitato in passato, quando ciò era possibile, e soprattutto quando questo rappresentava il modo comune della gente di rapportarsi con la politica.