Giù le mani dalla speranza. Un commento alla SPE SALVI di Papa Benedetto XVI

Alle quattro virtù cardinali, prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, il cattolicesimo aggiunse le tre virtù teologali, fede, speranza e carità che, per loro definizione, non possono nascere dal solo sforzo dell’uomo ma sorgono ispirate direttamente dalla grazia divina. Le tre virtù teologali rappresentano una sorta di trinità etica del cristianesimo e per le stesse ragioni della Trinità più famosa non possono essere concepite separatamente senza rimandarsi l’un l’altra.
La fede in Dio è la speranza della salvezza che ci ha promesso attraverso la carità. E d’altra parte la speranza sancisce la fede nel segno della carità. I tre concetti sono vincolati e forse rappresentano aspetti diversi di una medesima condizione che si riassume nell’esser eticamente cristiani. Nonostante cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambi, sarà utile considerare queste dimensioni etiche separate. Del resto è proprio sul terreno della speranza e delle sue accezioni che il pensiero laico ha sfidato la dimensione religiosa.

L’Illuminismo è il primo a portare un attacco diretto ad una concezione strettamente teologica della speranza. “L’ illuminismo é l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso.” Con queste parole Immanuel Kant invita gli uomini alla responsabilità individuale ma soprattutto mostra che la speranza in una società più giusta non deve essere ricercata oltre quello che l’uomo è, ma nelle risorse e negli sforzi dell’uomo stesso. L’Illuminismo dunque sancisce il passaggio dall’autorità di Dio all’autorevolezza della ragione. E’ un passaggio fondamentale nel quale vengono affermati i diritti dell’uomo, i principi della moderna democrazia, i valori della laicità, della libertà e della giustizia sociale. La speranza illuminista è dunque quella nell’uomo e nelle sue capacità. Alle poche luci nel buio dell’Europa del XVIII secolo la speranza illuminista auspica un rischiaramento globale.

Il Marxismo portò la speranza da una dimensione metafisica ad una fisica : l’azione.

“Finora i filosofi hanno interpretato il mondo, ora si tratta di cambiarlo.” Con questa frase Karl Marx porta la seconda sfida all’egemonia cristiana della speranza e anzi, la svincola decisamente dalla fede. Realizzare le speranze dell’umanità qui ed ora. Nessuna fede in ciò che sarà dopo ma lo sforzo nel fare di un’idea una realtà.

Il crollo del marxismo e la crisi del positivismo scientifico hanno riaperto la dimensione della speranza religiosa nonostante la riflessione laica abbia visto queste crisi come positive sia dal punto di vista etico che epistemologico. Non sorprende quindi, che nell’epoca del dubbio e dell’incertezza, Papa Benedetto XVI abbia deciso di dedicare un’enciclica alla speranza e alla salvezza che da questa speranza dovrebbe derivare.

Sicuramente la “Spe Salvi” è un testo calibrato nelle parole, ma ci sono alcuni punti che dovrebbero far riflettere e che mostrano la sottile operazione di conquista dell’egemonia culturale che il cattolicesimo sta silenziosamente cercando di riottenere.
Il testo inizia con un richiamo alla Tradizione. Dalla lettera con cui Paolo di Tarso si rivolge ai Romani sostenendo che nella speranza c’è salvezza fino ad una disamina piuttosto agile della speranza all’interno della storia della Chiesa. Ma ad un certo punto ecco che , in punta di piedi, Ratzinger si addentra nel terreno di battaglia.

La speranza cristiana, dice Ratzinger, ha subito un processo di “secolarizzazione” ad opera prima dell’Illuminismo (il processo viene fatto iniziare da Bacone e dalle riflessioni di questo sul metodo) e poi del Marxismo.
Il primo ha tentato di fornire delle speranze razionali alla vita sulla terra benché ancora teoriche. Il secondo ha preteso, in nome di un’identità tra reale e razionale di hegeliana memoria, di rendere queste speranze razionali delle speranze realmente spendibili nella vita attraverso un’epocale rivoluzione politica e di classe.

Il problema nasce proprio qui. Alla luce di queste “deviazioni” laiche della speranza, la fede come oggetto è divenuta “soggetto” e dunque il rapporto con Dio è divenuto un rapporto privato e non un fatto della vita dell’uomo. Non dimentichiamoci che per il cattolicesimo, a differenza di altre confessioni cristiane, la fede ha una dimensione sociale inalienabile oltre che ovviamente una individuale. Se il termine “fallimentare” nei confronti di Illuminismo e Marxismo non è stato usato come invece hanno sbandierato molti giornali, è chiaro però che esso è sottinteso nel giudizio finale dei due fenomeni “Illuminismo e Marxismo” i quali, pur con nobili intenzioni, hanno disgregato più che aggregare. Il salto logico sta in questo punto. La questione di fondo è che nella “Spe Salvi” non c’è uno straccio di prova per comprovare questa analisi. Il mero constatare il crollo dell’ideologia del comunismo reale (dunque a posteriori) non è di per sé una prova a sostegno della maggiore efficacia della speranza cristiana. Così come giudicare l’Illuminismo come il tentativo dell’uomo di signoreggiare sul mondo è riduttivo e parziale nonché quasi ricalcato dall’analisi che Adorno e Durkheim fecero nella loro “Dialettica dell’Illuminismo”. ( E qui si notino le frequentazioni giovanili di Ratzinger della Scuola di Francoforte).

Al solito la pretesa razionalità della fede nasce da una convinzione totalmente ingiustificata. Sostenere che Dio è Logos non si accorda razionalmente a niente altro. E ammesso di voler credere in un Dio ordinatore del mondo come facevano gli antichi, rimane totalmente aperta la questione del perché esso debba coincidere con un uomo morto da due millenni. La risposta è che la ragione di tutto questo non esiste e che l’unico modo in cui questa “verità” ci è giunta è la Rivelazione. Ovvero prendere o lasciare. E’ per questo che l’identità tra fede e ragione è dunque una verità di fede (rivelata dunque) e non di ragione (dimostrata) e quindi impossibile da spendere in una qualsiasi discussione o confronto. Sostenere questa visione dunque è legittimo dal momento che ognuno è libero di credere in ciò che vuole, e lo dimostrano le migliaia di persone che vanno da astrologi e maghi o che sostengono di aver avvistato un UFO. Ma non è razionale. E non si può sperare che ci si convinca in virtù del ragionamento. E’ una speranza, quella cristiana, che nasce da un salto nel buio. Un salto, con buona pace di Ratzinger, che ognuno fa nella propria intimità e da solo. C’è chi invece, sfortunato o meno dipende dai punti di vista, questo passo non vuole o non può farlo. Anche la sua è una speranza. Una speranza diversa nata dal sudore e dalla fatica del concetto.