di Luca Bagatin
Debbo dire che la mia indole caratteriale è squisitamente individualista e libertaria.
Sin da ragazzino ho sempre mal sopportato ogni tipo di autorità e/o imposizione dall’alto, specie se da me non intimamente compresa.
Trovo che l’autoritarismo, la negazione della libertà e le regole imposte siano la peggiore aberrazione che ciascuno di noi può incontrare nella sua vita terrena.
Fra l’”eguaglianza” e la “libertà” ho sempre personalmente privilegiato e preferito la seconda.
Anche perché si consideri che gli individui, le persone insomma, non sono né saranno mai eguali nel senso più stretto del termine e ciò è un bene, in quanto la diversità è una ricchezza alla quale è difficile rinunciare pena non solo la noia, ma anche l’inaridimento dei rapporti umani ed interpersonali e la stessa schiavitù del genere umano.
La diversità, come la libertà, è valore che va profondamente tutelato e riconosciuto: diversità di genere, razza, colore, orientamento sessuale, di credo o confessione religiosa ecc…
E la diversità è tutelabile solo in una condizione di piena libertà individuale e quindi sociale.
Individuale prima ancora che sociale, nel senso che il sociale è l’esatta conseguenza di ciò che avviene a livello individuale.
In un articolo di circa un anno fa che realizzai per il quotidiano di Società Aperta “Terzarepubblica.it” diretto da Enrico Cisnetto, oltre che per il mio blog, affermavo che “la libertà va conquistata” e che la “libertà può essere conquistata solo se prima d’ogni cosa essa è interiorizzata da ciascuno”.
Ovvero se ciascuno, individualmente, prende coscienza dei propri doveri nei confronti di sé stesso e quindi di chi gli sta intorno e quindi, allargando il cerchio, della società intera.
Tali doveri presuppongono, prima d’ogni cosa delle responsabilità individuali e solo poi, una volta compresi codesti doveri e responsabilità, si prenderà coscienza dei propri diritti naturali e quindi civili.
Queste, in sintesi, sono le basi del pensiero liberale che, come potete ben notare, fotografano pressoché esattamente le dinamiche della realtà quotidiana sociale, politica, personale e culturale.
Due grandi del pensiero liberale e libertario delle origini sono, a parer mio, l’italiano Giuseppe Mazzini ed il filosofo statunitense Henry David Thoreau .
Il primo, teorico del repubblicanesimo e dell’unità italiana, scrisse nel 1860 i “Doveri dell’uomo”, saggio politico e filosofico attualissimo proprio su quanto abbiamo sopra scritto; il secondo nel suo “Disobbedienza civile” del 1849 espresse la sua estrema fiducia nell’individuo e nei suoi diritti, nonché la convinzione che ogni persona dovesse rispettare prima i dettami della sua coscienza piuttosto che le leggi di un determinato governo.
Come potete ben notare qui siamo agli antipodi di ogni possibile freddo pensiero dogmatico. Siamo forse ai limiti dell’utopia. Un utopia tuttavia lucida e concreta visto che oggi, grazie al pensiero liberale e libertario anche di questi due grandi, viviamo in un Occidente democratico e civile.
In questi giorni mi è capitato fra le mani un agile ed interessante libello di Alberto Pasolini Zanelli pubblicato negli anni ’80 dal titolo “La rivolta blu – Contro i miti dello stato sociale”. E’ una sorta di compendio di liberalismo che racconta e spiega la rivoluzione individualista, liberale, libertaria e libertista degli anni ’80 contro il potere dello Stato e la sua burocrazia e che portò al governo personalità come Ronald Reagan o la Thatcher e mise in crisi la socialburocrazia, in primis quella scandinava.
E’ davvero appassionante notare come liberalismo e libertarismo si fondano all’insegna delle libertà individuali in economia come nel privato.
Ed ecco come in questo compendio si parli di un personaggio apparentemente pittoresco, ma in realtà grande riformatore: il consulente fiscale danese Mogens Glistrup, il quale fondò negli anni ’70 il Partito del Progresso (FRDP) che riuscì a conquistare quasi il 16 % alle elezioni nazionali danesi sulla base di un programma che prevedeva l’abolizione dell’imposta sul reddito ritenuta d’impaccio allo sviluppo economico di un’economia avanzata come quella della Danimarca e contemporaneamente richiedeva un miglioramento dei servizi sociali erogati.
Snobbato e boicottato in tutti i modi tanto da destra quanto da sinistra, Gilstrup ebbe vita non facile come del resto è ben facile immaginare.
Ne “La rivolta blu” si racconta ed elogia il Presidente statunitense e leader Repubblicano Barry Goldwater, libertario fin nel midollo per quanto concerne i diritti civili degli omosessuali e per l’aborto arrivando a contrastare fortemente la destra religiosa nel suo partito (una sorta di Rudy Giuliani ante litteram) e profondamente liberale in economia, il che attirò le simpatie della cosiddetta Nuova Sinistra libertaria e sessantottina americana i cui leader Gene McCartney e Eldridge Cleaver, leader delle Pantere Nere, fecero campagna elettorale a suo favore (lo stesso padre della “beat generation”, Jack Kerouac, nel poco tempo che trovò da dedicare alla politica fu attivista repubblicano). Si pensi anche che Goldwater inserì nel suo programma il tema dell’ecologia, ovvero la preminenza della qualità della vita sui miti del consumismo di massa.
E così, proseguendo nella lettura si incrocieranno gli anarcocapitalisti, i libertarians ed individualisti vari sino ad un giudizio positivo e lusinghiero del liberalsocialismo (vera critica al “socialismo reale” d’Occidente, ovvero alla socialburocrazia tipica dei Paesi Sandinavi) abbracciato negli anni ’80 dal Psoe di Felipe Gonzalez e dal Psi di Bettino Craxi i quali aborrirono il marxismo e “liberalizzarono”, per così dire, i loro partiti (in Italia anche grazie al Partito Radicale di Marco Pannella che contribuì alla libertarizzazione del Psi).
Critica feroce invece per la socialdemocrazia con la sua eccessiva burocraticizzazione, centralità dello Stato sugli individui e disaffezione alla responsabilità individuale degli stessi.
A lettura conclusa se ne rimane completamente estasiati e ninnovati nel prorpio individualismo libertario. E si riflette sulla situazione europea e soprattutto italiana ove pesa ancora quell’astrusa divisione (spesso mentale) che passa sotto il nome di “destra e sinistra”.
Ed invece si noti come la vera divisione-contrapposizione sia fra Riformatori consapevoli della propria individualità, responsabilità e dei propri diritti e Conservatori amanti dello Stato balia-mamma, autoritario, clericale, socialfascista e socialburocrate.
Si uscirà mai dal pantano politico-culturale-ideale magari riuscendo anche ad uscire dal declino che attanaglia il nostro medievale Paese ?
Se la svolta sarà liberale e libertaria, magari…..