Orgoglio e Laicità

Orgoglio e Laicità
sintesi della relazione introduttiva svolta in occasione dell’inaugurazione della Rosa Arcobaleno Emilia Romagna il 10 novembre ’07

Rosa Arcobaleno

La Rosa Arcobaleno è la prima associazione LGBT di ispirazione socialista a nascere in Italia, benché esperienze analoghe, con nomi simili, esistano in diversi Paesi europei. Da un anno la Rosa Arcobaleno si batte quotidianamente per promuovere nel nostro Paese i diritti civili e per contribuire a diffondere nella politica e nella società un clima di uguaglianza e di parità. L’esperienza della Rosa Arcobaleno è frutto del fermento politico e culturale sviluppatosi in seno alla Federazione dei Giovani Socialisti nella fertile stagione della Rosa nel Pugno. Nel corso del 2007 la Rosa Arcobaleno si è consolidata e si è resa associazione autonoma, partecipando come tale al comitato organizzatore del Gay Pride di Roma, oltre ad avere promosso iniziative di interesse sociale e culturale.

Rapporto con la politica

Il nostro rapporto con la politica e con i movimenti politici è dunque forte, per non dire fondante, ma allo stesso tempo anche molto chiaro. Noi non siamo un coordinamento omosessuale di partito, ma un’associazione autonoma con un forte riferimento politico, ideale, culturale, al liberal-socialismo e, in particolare, al socialismo europeo; pensieri politici e modelli sociali a cui si devono le più alte conquiste di civiltà nella storia delle rivendicazioni del movimento omosessuale. Va da sé che i nostri rapporti principali siano stati sin qui rivolti – e molto probabilmente anche in futuro saranno in primo luogo rivolti – a quei partiti e a quei movimenti che, come noi, si muovono entro il solco del socialismo liberale: dai Radicali italiani, al cui recente congresso di Padova abbiamo partecipato, ai Socialisti democratici, al cui progetto di costituire anche in Italia un partito del socialismo europeo guardiamo con grande attenzione e speranza e a cui non faremo mai mancare il nostro contributo e il nostro costante stimolo nell’elaborazione politica sui temi LGBT, per quanto da una posizione di assoluta autonomia.

Rapportocon il movimento LGBT

Crediamo profondamente nel pluralismo delle realtà associative come in un grande valore e siamo convinti di potere fornire il nostro contributo e la nostra massima collaborazione alle altre associazioni LGBT che da anni, con coraggio e con grande incisività, operano nel nostro territorio, a partire dall’organizzazione del Gay Pride 2008, che, per nostro doppio orgoglio, si svolgerà a Bologna. Con noi gli ideali e le prassi del socialismo libertario e riformista tornano a dialogare con un mondo in cui da troppo tempo i socialisti avevano rinunciato ad essere presenti e che oggi guarda a quegli ideali con qualche diffidenza. Ad oggi come Rosa Arcobaleno Emilia Romagna siamo presenti, a diverso titolo e in diverse forme, nelle province di Bologna, Modena, Forlì e Cesena, Ravenna, Rimini e Parma. Se non possiamo ancora vantare grandi numeri, possiamo d’altro canto andare molto fieri del fatto che ogni nostro iscritto sia un militante. E, come migliore tradizione socialista impone, non un “militonto”, ma un attivista attento, critico e partecipe di ogni momento della nostra vita associativa. Questa è la nostra ricchezza. Questa è la ricchezza di un gruppo che sulla trasparenza e sulla sua massima apertura costruisce oggi la sua identità. Mi piace qui ricordare l’incontro che ho avuto poche settimane fa con Hebe De Bonafini, presidente delle Madres de Plaza de Mayo. Le Madri, quando nel 1977 iniziarono la loro lotta contro la dittatura militare neoliberista, erano appena in due, ma attraverso la socializzazione della loro maternità si fecero madri di tutti i 30.000 desaparecidos argentini e furono subito gruppo. Ancora oggi, parlando alle giovani generazioni, spesso scettiche di fronte alla prospettiva di impegnarsi in prima persona, esortano a fare leva sui valori e a non lasciarsi spaventare dal fatto di essere in pochi, perché, amano ripetere, “in due si è già un gruppo”. Non mi viene in mente esempio più alto di determinazione e coraggio.

Orgoglio

Due sono stati i momenti fondamentali della nostra attività di questo primo anno: il Gay Pride di Roma e la manifestazione del Coraggio laico. Entrambe bellissime e partecipate risposte all’offensiva clericale lanciata in occasione del Family day. Due manifestazioni dedicate a valori fondanti per l’identità della nostra associazione: orgoglio e laicità. Spesso, a proposito del Gay Pride, ci viene obiettato, anche da compagni in buona fede, “ma perché “orgoglio”? c’è forse da essere orgogliosi dell’orientamento sessuale di una persona?” La risposta è nelle parole di Jorge Luís Zapatero, pronunciate al Parlamento spagnolo in occasione dell’approvazione della famosa riforma del diritto di famiglia, con cui è stato esteso alle coppie omosessuali l’accesso all’istituto matrimoniale.

Dice Zapatero: “Oggi la società spagnola dà una risposta a un gruppo di persone che per anni sono state umiliate, che hanno visto i loro diritti ignorati, la loro dignità offesa, la loro identità negata e la loro libertà repressa. Oggi la società spagnola restituisce loro il rispetto che meritano, riconosce i loro diritti, restaura la loro dignità, afferma la loro identità e ristabilisce la loro libertà. […] È vero che sono una minoranza, ma la loro vittoria è la vittoria di tutti, è la vittoria della libertà. La loro vittoria ci rende tutti migliori, rende migliore la nostra società. […] I nostri figli ci guarderebbero increduli se sapessero che non molto tempo fa le loro madri non avevano gli stessi diritti dei loro padri e se scoprissero che le persone dovevano restare unite nel matrimonio, anche contro la loro volontà, quando non erano più in grado di convivere. Oggi possiamo offrire loro una splendida lezione: ogni diritto conquistato, ogni libertà raggiunta è stata il frutto dello sforzo e del sacrificio di molte persone alle quali dobbiamo riconoscenza e orgoglio.”

Questa è la nostra accezione di orgoglio. Un orgoglio che si è sviluppato a fronte di una discriminazione ancora troppo spesso subita, magari in silenzio e, soprattutto, senza la garanzia di adeguate tutele. Secondo l’Eurobarometro, l’Italia è, infatti, il Paese europeo con la più alta percezione di discriminazione per orientamento sessuale. Se questo dato dovesse sembrare eccessivo a qualcuno, sarebbe solo prova della mancanza di ogni coscienza antidiscriminatoria nel nostro Paese. E la comunicazione in questo non ha poche responsabilità. Nella lettura dei fatti di cronaca nera, che tanto sembrano appassionare gli Italiani, ancora troppo spesso passa con eccessiva nonchalance l’assioma tra omosessualità e degrado sociale e morale, come se fosse per la mera appartenenza al famigerato “mondo gay” che molti omossessuali e transessuali sono ancora oggi ammazzati. Come se ci si dimenticasse che permangono, specie in alcune realtà, fortissimi condizionamenti sociali, che relegano l’omosessualità a ambiti marginali. Condizionamenti sociali che passano anche attraverso un uso improprio (e colpevole) delle parole. Persino nei più prestigiosi mezzi di comunicazione nazionali si sprecano esempi della mancanza di una buona pratica antidiscriminitoria. E se manca, che sia la legge a sancirla.

Laicità

L’altra importante manifestazione a cui abbiamo aderito è stata quella del Coraggio laico, che ci introduce all’altra parola d’ordine: la laicità. Noi crediamo che la cultura politica italiana soffra di un profondo deficit di cultura liberale, a cui corrisponde un altrettanto profondo deficit di libertà, pagato sulla pelle di tutti gli Italiani e degli omosessuali in particolare. La laicità per noi è lo strumento con cui si declina la libertà. Il tema della laicità è un tema complesso e articolato, che tocca, incrociandoli, molti aspetti della vita politica, economica e sociale di una democrazia. Temi fondamentali come la modernizzazione politica, civile ed economica del nostro Paese sono tra loro strettamente connessi. Così il tema dei diritti civili difficilmente può essere scisso da un’esigenza più generale di liberalizzazione della società italiana, perché così ci insegna l’esperienza europea. Un esempio. Piccolo. Lo scorso fine settimana ero a Bruxelles, a trovare un amico. Un vecchio compagno del Liceo che, come tanti, ha lasciato l’Italia, non da ultimo per potere vivere liberamente e con le giuste tutele la sua omosessualità. Peraltro ha lasciato l’Italia per il Belgio, Paese cattolico, come cattolicissima è la Spagna di Zapatero. A questo proposito noi crediamo che in Italia non sia certo il cattolicesimo il problema, quanto piuttosto la vulgata che ad esso assegna il monopolio dei valori. Il problema è semmai la mancanza di quel sano relativismo liberale che sta alla base del modello europeo di “società aperta” e che in Italia si agita, come uno spettro, solo nella testa del Papa. Il problema è quella famosa mancanza di libertà e di laicità, che riguarda i diritti civili, ma non solo: il mio amico in Belgio ha avuto la possibilità di accedere a una professione in Italia blindata (quella giuridica) e, soprattutto, di intraprendere una carriera meritocratica, della quale, trentenne, gode già dei frutti, in termini sia di responsabilità sia di gratificazioni economiche. Non è per noi un caso che l’Italia sia il Paese più vecchio del mondo, il Paese della generazione 1.000 € e del talento svilito dagli automatismi di carriera per scatti di anzianità preclusi a chi lavora con contratti a termine, il Paese in cui le donne godono di un tasso occupazionale più basso che in Turchia, il Paese in cui i lavoratori faticano ad arrivare a fine mese per mantenere la classe politica più costosa d’Europa e allo stesso tempo l’unico Paese dell’Europa a 15, con la Grecia, a non prevedere nel proprio ordinamento alcuna legislazione specifica per le unioni civili, preferendo in questo la compagnia di Albania, Bulgaria, Bielorussia, Bosnia Erzegovina, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Macedonia, Moldavia, Monaco, Polonia, Romania, Russia, San Marino, Serbia e Montenegro, Slovacchia, Turchia, Ucraina e Città del Vaticano. La grande tradizione del socialismo liberale ci insegna che libertà, laicità e diritti sono temi strettamente connessi ai quelli dei doveri e della responsabilità. Con questa lente noi guardiamo al riconoscimento legislativo delle coppie di fatto. In particolare, chiediamo che agli omosessuali sia concesso di assumersi formalmente delle responsabilità, responsabilità tipicamente coniugali che di fatto già in tanti si assumono, superando nei fatti dibattiti stantii sulla famiglia. Sono milioni di persone in Italia che, omosessuali ed eterosessuali, si fanno carico quotidianamente dei doveri derivanti da una convivenza. Sono coppie, famiglie, che conoscono bene il valore della responsabilità. Ed è proprio a fronte di questa responsabilità e di questi doveri che oggi, improrogabilmente, chiedono diritti. Il diritto a vedere riconosciuta la loro unione di fatto. Diritto che nel caso delle persone omosessuali assumerebbe un valore non solo civile ma anche umano, essendo l’unica possibilità di dare piena espressione alla propria personalità nella vita di coppia, restando per loro precluso l’accesso all’istituto matrimoniale.

I nostri obiettivi

La Rosa Arcobaleno Emilia Romagna inaugura a Bologna la sua prima sede autonoma e apre la campagna di tesseramento per un 2008 ricco di appuntamenti e di iniziative, che andranno dall’appoggio ad attività politiche coerenti, alla costante ricerca di sensibilizzare e coinvolgere la stessa popolazione LGBT fin ad oggi o indifferente o non rappresentata, perché non si sia omosessuali solo un giorno alla settimana quando si va a ballare, all’impegno perché le nostre tematiche diventino mainstream nell’azione politica in primo luogo dei movimenti a noi politicamente più affini, alla collaborazione con chi si impegna per l’affermazione dei diritti LGBT nel mondo del lavoro, e ancora a tutto ciò che il nostro entusiasmo e la nostra determinazione riuscirà a realizzare. Certo solo con l’aiuto di quanti vorranno accettare la nostra sfida, fatta dei valori che ho sintetizzato nelle parole “orgoglio” e “laicità”, ma soprattutto di un metodo, che è quello dell’apertura laica a ogni contributo, impegnandoci sin da ora alla massima trasparenza e disponibilità nell’accogliere le istanze di chi vorrà unirsi a noi, giocando un ruolo da protagonista e non da semplice comparsa. E poi, come ci ha insegnato Nenni, “si faccia quel che si deve, succeda quello che può”.

Reinaldo Arenas

Abbiamo scelto di intitolare la Rosa Arcobaleno Emilia Romagna a Reinaldo Arenas, scrittore, omosessuale, cubano, dissidente, perseguitato dal regime castrista, incarcerato e poi fuggito in esilio negli Stati Uniti, morto suicida a New York nel 1990, gravemente malato di AIDS. Davanti alla disillusione maturata negli anni dell’esilio nei confronti delle contraddizioni della società americana, Arenas scrisse: “La differenza tra il sistema comunista e quello capitalista è che, benché entrambi ti diano un calcio nel culo, in quello comunista te lo danno e devi applaudire, in quello capitalista te lo danno e puoi gridare. Io sono venuto qui a gridare”. E noi siamo qui ad unirci a quel grido.