articolo di Pasquale Dario Serpico
La tornata elettorale è passata come uno tsunami sulla sinistra italiana, cacciandola dal Parlamento. Non solo la sinistra socialista, ma anche quella comunista e ambientalista hanno perso nei confronti della paura (di chi ha votato PD), della rabbia (di chi ha votato Lega e IdV), della delusione dinanzi ad una proposta politica ritenuta insufficiente, insoddisfacente, incapace di incidere (gli astenuti, in lieve crescita). Non credo che il PS abbia sofferto di un problema di inadeguatezza ideologica: resto convinto che la migliore sinistra possibile sia quella del socialismo liberale, eminentemente pragmatico, anti-dogmatico, la vera essenza della laicità come modus vivendi.
Certo, vi sono stati errori della dirigenza: a parte quelli “storici” di almeno un decennio di ritardo, anche nella composizione delle liste, nella scarsa credibilità dei candidati (dato il messaggio dichiarato), nell’ apatia dei quadri locali del partito, nei ritardi e tentennamenti della costituente, in alcune avventatezze nella campagna (casi Mastella e D’ Abbraccio)… Errori che, quando dinanzi si profila il fuoco incrociato di media e mega-partiti tritatutto, non ci si può permettere.
Ma credo che ciò non basti a spiegare l’accaduto. Nei temi e modi dell’ offerta politica, è stata sbagliata la lettura del Paese. Intendiamoci: io non rinnego nessuno dei punti programmatici della Rosa nel Pugno del 2006, né la difesa “laica” del PS nel 2008. Ma i PACS, il divorzio breve, il testamento biologico, l’ importanza dell’ istruzione e della ricerca, la politica energetica, la fecondazione assistita… vanno bene per una democrazia liberale occidentale avanzata, dove anche in assenza di una macchina da guerra elettorale il voto di opinione di un elettorato maturo possa fare la differenza.
Che ci piaccia o no, l’ Italia del 2008 è molto peggio di come l’ abbiamo sognata: è un paese
il cui tessuto civile va sgretolandosi, in gran parte abbrutitosi. Il patto democratico (poi degenerato in patto di spartizione) tra le forze della Resistenza che fondarono la Repubblica sulle ceneri del fascismo è ormai vuoto. Non è un caso che, di tutte le famiglie politiche che sottoscrissero la Costituzione, solo la maggiore, quella democristiana, sieda ancora in Parlamento col suo simbolo e rivendicando quella identità: peraltro in posizione del tutto minoritaria e ininfluente. In Parlamento ormai dominano forze che incanalano rabbia e frustrazione o mere macchine di consenso elettorale che mantengono il controllo dei media, ma che non offrono soluzioni, tantomeno visioni per il paese (se non visioni molto cupe). L’ assenza di contraddittorio in campagna elettorale, la più alta percentuale di voti non tradotti in seggi della storia repubblicana, il ruolo sempre più invadente della Chiesa nella vita politica… sono tutti campanelli d’ allarme che preannunciano una svolta autoritaria sudamericana (Dio, Famiglia e Patria, anzi, Patrie!) Che solo il tessuto europeo in cui siamo inseriti ha finora evitato, probabilmente.
Ma quel rischio appena dietro l’angolo c’è ed è concreto. Se la sinistra ha ancora un ruolo, è quello di dare una speranza seria al paese, ripartendo da strategie concrete di resistenza all’ abbrutimento e di rinascita democratica. Bisogna ricostruire il tessuto civile e rinnovare il modo di fare politica, senza il quale non è giustificata né possibile una moderna sinistra socialista.
Quindi, lasciamo perdere gli organigrammi complessi, i signori delle tessere o i capibanda che già hanno dimostrato di valer poco o nulla. Pensiamo ad un partito (o anche ad una rete di movimenti politici in contatto via web) con una struttura molto leggera (ed economica, anche perché dovrà essere auto-finanziata), con pochi dirigenti e molti militanti, impegnati nel territorio. Andando comune per comune a denunciare le connivenze delle amministrazioni coi gestori degli affare sporchi (e non parlo solo di rifiuti!) e gli sprechi, prodigarsi per l’ ausilio alla nascita di impresa
per giovani con idee e voglia di rischiare che non hanno santi a cui rivolgersi, denunciare
l’ incuria per i problemi legati all’ immigrazione e proporre misure pratiche. E ancora ricostruendo rapporti con organizzazioni che operano sul territorio, recuperando il senso di sindacato come difesa dei lavoratori senza diritti, promuovendo iniziative di patronato allargate al target più ampio possibile, offrendo assistenza legale contro i soprusi (della criminalità ma anche dell’ abuso
di potere), organizzando iniziative culturali e di informazione, riallacciando i rapporti nelle università e promuovendo il diritto allo studio. Tutte cose che daranno i loro frutti a medio-lungo termine, ma che non possono più essere posposte.
Al tempo stesso, ripensare l’azione politica nazionale in assenza di una rappresentanza parlamentare. Mi vengono in mente alcuni temi, che uniscono il locale al globale, su cui la nuova dirigenza (che dovrà seguire ad un congresso vero!) potrebbe lavorare: raccogliere firme per due-tre leggi di iniziativa popolare legate a specifici problemi (da selezionare sulla base dell’ efficacia per l’ Italia e anche per il ritorno mediatico); riannodare un dialogo con le altre forze della sinistra, in vista degli appuntamenti elettorali del 2009. A cominciare dalle Europee, con una lista entro il PSE e con un piano programmatico per il cambiamento del PSE e del sistema-Europa. Ma anche le amministrative, a cui si dovrà arrivare preparati e con candidature giovani e forti, che emergano possibilmente da questo nuovo associazionismo politico.
Per realizzare il “Socialismo del XXI secolo”, il socialismo dei cittadini, ma ancor prima per scongiurare al paese il rischio di un lungo periodo buio, bisogna forse guardarsi indietro. Recuperare insomma lo spirito delle leghe socialiste di mutuo soccorso di fine Ottocento.