Category: Liberatorio

  • Mario Pannunzio e quelli de “Il Mondo”

     

    di Luca Bagatin

    Quelli del Mondo

    Mai testata giornalistica fu più liberale de “Il Mondo”, il settimanale fondato e diretto da Mario Pannunzio dal 19 febbraio 1949 all’8 marzo 1966.
    Diciassette anni di battaglie laiche, liberali, libertarie e riformatrici in un’Italia da sempre (oggi ancor più di ieri, peraltro) pasticciona, burocratica, clericale, socialcomunista e socialfascista. (more…)

  • La logica della “Bella fica!” che sta condannando il paese

    Bella Fica!

    * La vendetta della responsabilità
    Nel discorso incriminato in cui Walter Veltroni ha dichiarato che “il Partito Democratico correrà da solo qualunque sarà la legge elettorale”, è stato interessante notare come sia stata menzionata in numerosi passaggi la parola “decidere”. Il segretario del PD ha sottolineato a più riprese la necessità di un politica che sappia prender decisioni. Curiosamente, però ha menzionato solo una volta la parola “responsabilità” che invece è compagna necessaria ed ineludibile della decisione. In particolare Veltroni ha usato la parola “responsabilità” in un passaggio dedicato alla questione dei rifiuti a Napoli. Trattando di tale drammatica situazione Veltroni ha detto che si dovrà risolvere, ma anche che va considerata “al di là delle responsabilità individuali”. Non mi è parso il modo migliore di declinare la volontà di decidere.

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  • Prodi ha combattuto ed è caduto: ora cada la testa del pavido Boselli

    Romano

    Con la caduta del Governo Prodi è finita quell’esile ed instabile maggioranza di Centrosinistra denominata Unione. La Costituente Socialista si trova spiazzata rispetto ad uno scenario che precipita verso le elezioni anticipate. La prospettiva più probabile è quella del voto che si terrebbe con l’attuale legge elettorale. Appare infatti altamente improbabile convincere Berlusconi ad accettare una soluzione che rimandi un vittorioso ritorno a Palazzo Chigi. Nel Centrosinistra dovrebbe essere fatta una profonda autocritica, ma pare che prevarrà, ancora una volta, la chiamata alle armi per fare fronte comune contro il redi-vivo berlusconismo. Verrebbe da dire che chi è causa del suo male può solo rimproverare se stesso.

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  • Quattro cose da dire al paese sull’orlo del baratro

    articolo di Andrea Pisauro e Alessandro Lovato

    Una crisi di sistema
    Vi è oggi in Italia una crisi profondissima, che si manifesta in moltissimi ambiti: ad una crisi economica che sta portando a un progressivo impoverimento dei ceti medi si accompagna la crisi produttiva e industriale di un paese che non riesce a stare al passo con la globalizzazione, con le sfide lanciate dai paesi emergenti. Vi è una crisi sociale, venendo a mancare la necessaria solidarietà tra le classi, le categorie professionali, le regioni; una crisi del sistema di valori, al centro del più generale scontro tra una visione laica e una religiosa; una crisi di credibilità delle istituzioni, della politica come del sistema mediatico. Tutte queste crisi hanno una causa comune, che è la crisi del sistema politico nel suo complesso, che si manifesta in un’incapacità ormai cronica di governare.

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  • La puzza di monnezza ha dato alla testa a Boselli

    Il problema “munnezza”, oggi noto al mondo, ieri solo ai cittadini campani mette alla berlina un sistema amministrativo ormai marcio e al collasso.
    I boss politici campani sono sempre gli stessi, sia quelli da copertina come il governatore Bassolino, il sindaco Iervolino, i Ministri Mastella e Pecoraro Scanio, il redivivo De Mita, sia i vertici locali del “nostro” partito (quello socialista), che all’interno della coalizione di centro-sinistra da anni collaborano al sacco campano.

    Errato sarebbe citare la politica come unico colpevole di questa situazione. Non si possono infatti non considerare i consolidatissimi rapporti mafiosi, o meglio camorristici, che hanno reso la Campania terra atipica a livello nazionale.
    La storia diventa dramma quando tra politica e camorra si instaurano taciti rapporti (taciti almeno finché non scoppia la bomba); il dramma diventa epico quando l’accordo non è più tacito ma palese agli occhi di tutti: quando la soglia di sopportazione e di quieto vivere viene stralciata e la realtà ci viene sbattuta in faccia in maniera tanto violenta.
    Dopo la guerriglia urbana accaduta nelle periferie napoletane, tra cittadini ormai stanchi, gruppi di provocatori e forze dell’ordine, ora la protesta si sposta nelle regioni prossime ospitanti dei rifiuti campani.
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  • I miei capisaldi di liberale

    di Luca Bagatin

    Debbo dire che la mia indole caratteriale è squisitamente individualista e libertaria.
    Sin da ragazzino ho sempre mal sopportato ogni tipo di autorità e/o imposizione dall’alto, specie se da me non intimamente compresa.
    Trovo che l’autoritarismo, la negazione della libertà e le regole imposte siano la peggiore aberrazione che ciascuno di noi può incontrare nella sua vita terrena.
    Fra l’”eguaglianza” e la “libertà” ho sempre personalmente privilegiato e preferito la seconda.

    Anche perché si consideri che gli individui, le persone insomma, non sono né saranno mai eguali nel senso più stretto del termine e ciò è un bene, in quanto la diversità è una ricchezza alla quale è difficile rinunciare pena non solo la noia, ma anche l’inaridimento dei rapporti umani ed interpersonali e la stessa schiavitù del genere umano.
    La diversità, come la libertà, è valore che va profondamente tutelato e riconosciuto: diversità di genere, razza, colore, orientamento sessuale, di credo o confessione religiosa ecc…
    E la diversità è tutelabile solo in una condizione di piena libertà individuale e quindi sociale.
    Individuale prima ancora che sociale, nel senso che il sociale è l’esatta conseguenza di ciò che avviene a livello individuale.

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  • Il blocco dei Tir e l’Italia del Guicciardini

    Ancora una volta abbiamo assistito al deprimente spettacolo di un intero Paese che si piega all’interesse particolare di una singola categoria. Stavolta l’Italia è stata messa alle strette dal blocco degli autotrasportatori. Tempo 48 ore e l’intero sistema è finito in ginocchio: pompe di benzina a secco, scaffali dei supermercati vuoti, ancora qualche ora ed avremmo visto esplodere nelle strade scene d’isteria collettiva con la corsa all’accaparramento delle ultime scorte disponibili.

    Alla fine i Tir sono ripartiti, a seguito delle generose elargizioni del governo e siamo tornati alla normalità. Qualcuno ha parlato, a ragione, di vittoria del Partito del blocco stradale. Prima dei camionisti erano stati i tassisti e prima ancora i benzinai ma non sono mancati gli scioperi selvaggi degli autoferrotranvieri o dei controllori di volo. Ogni volta che una determinata categoria vede messi in discussione i propri diritti – leggasi in alcuni casi privilegi – si sente in diritto di bloccare l’Italia intera, ricorrendo all’occupazione delle strade con buona pace dei comuni cittadini su cui ricadono tutti i disagi. Si potrebbe senza dubbio discutere della fragilità del sistema dei trasporti, in cui gli spostamenti delle persone, oltre che delle merci, si svolgono per la quasi totalità su gomma con i conseguenti disagi in termini di traffico ed inquinamento. Si potrebbe anche riflettere su un paese la cui dipendenza dal petrolio ha raggiunto livelli di criticità spaventosi, dove si è rischiato, e in alcuni casi raggiunto, lo stop delle attività produttive.

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  • Rai, l’unico servizio pubblico è aprire al mercato

    Articolo di Andrea D’Uva

    Non passa giorno senza che la telenovela Rai si arricchisca di una nuovo capitolo. Dopo la rimozione del consigliere Petroni, nominato dal Tesoro in era berlusconiana, e la sua sostituzione con persona più gradita all’attuale maggioranza politica, dopo la sfiducia al Presidente Petruccioli votata dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza, è esplosa la bomba delle intercettazioni telefoniche tra dirigenti Rai e Mediaset i quali si appattavano su come far passare le notizie politicamente più scomode. Le polemiche chiamano in causa il problema più generale dell’informazione e dell’assetto radiotelevisivo in Italia. Il duopolio televisivo formatosi alla fine degli anni ’80 per merito del Berlusconi imprenditore il quale, con il possesso di tre reti private ha aperto il mercato della raccolta pubblicitaria fino ad allora dominato dalla Rai. Tale fenomeno ha gradualmente spinto la televisione pubblica ad inseguire quella commerciale sul terreno della corsa all’audience con progressivo abbandono del ruolo di servizio pubblico. Poi la discesa in campo a metà degli anni ‘90 con il conflitto d’interessi tra il Berlusconi politico e quello imprenditore dei media ha bloccato per oltre un decennio il dibattito su posizioni propagandistiche. Da sinistra si gridava allo scandalo per la concentrazione nelle mani di un solo soggetto, per di più protagonista dell’agone politico, dei mezzi d’informazione la destra rispondeva che si attaccava il diritto all’impresa e si tentava l’esproprio proletario della proprietà privata. Né gli uni né gli altri, quando hanno avuto responsabilità di governo hanno affrontato il problema alla radice. Il controllo della televisione pubblica da parte della politica è stata una tentazione troppo forte; d’altronde si è sempre detto che la Rai vale più di un ministero. Nonostante un referendum (il cui merito va ascritto ai Radicali) votato dai cittadini italiani i quali, stanchi di pagare un canone sempre più esoso a fronte di una programmazione televisiva eufemisticamente mediocre, si dichiaravano a favore della privatizzazione della Rai la politica si è limitata a modificare i criteri di nomina dei vertici della televisione pubblica. Come in matematica l’ordine dei fattori non ha cambiato il risultato.

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  • Socialisti?

    SocialismCi son fortune che non si regalano facilmente. Accade infatti, nell’unico paese europeo avulso dalla socialdemocrazia, di poter assistere ad annose dispute tra chi fu comunista per finta (dicesi migliorista) e chi socialista all’italiana. I primi orgogliosi della loro appartenenza “perchè i socialisti italiani sono i peggiori d’europa”, i secondi a rivendicare la lungimiranza delle loro scelte.

    Peccato che i secondi, che pur dovrebbero essere facilitati nelle proprie argomentazioni dalle scelte poi compiute dagli ex avversari, finiscano spesso per incespicare sul famigerato orgoglio retrosocialista.
    Il buon Ghirelli sul Riformista ha preso di petto la questione, sostenendo le ragioni del p.s.i. e stilando un breve decalogo dei successi del suo ex partito, finendo però tristemente col dedicare quasi metà dell’ autocompiacimento alla legge Merlin e alla revisione del concordato perchè “molto più dignitoso del primo”.

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