Shabbat Shalom, Fiamma! – Intervista a Fiamma Nirenstein [SECONDA PARTE]

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SECONDA PARTE DELL’INTERVISTA DI EDOARDO FERRAZZANI A FIAMMA NIRENSTEIN
Leggi la prima parte…

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fiamma.jpgLa pace fredda tra Egitto e Israele sembra ad un bivio. Il premier Olmert si spende pubblicamente nell’elogio di Hosni Mubarak e poi non riesce ad ottenere che il governo egiziano rispetti piccoli patti di collaborazione come quello dell’accesso dei pellegrini di Gaza dal confine israeliano. Che cosa sta succedendo?

Sta semplicemente succedendo che Israele è stata brutalmente tradita dal governo egiziano.
Israele aveva chiesto semplicemente di poter controllare che, elementi miliziani di Hamas non potessero utilizzare il rientro dal pellegrinaggio alla Mecca per portare armi e esplosivi a Gaza.
Ancora adesso Hamas continua a lanciare sul territorio israeliano missili Kassam. In particolare la cittadina israeliana di Sderot, al confine con Gaza, è particolarmente vessata.
Missili e attacchi che seminano il panico tra la popolazione civile israeliana e che rappresentano una spina nel fianco per il governo Olmert, incapace di interrompere questi attacchi.

Il premier Olmert ha raccolto il testimone di Sharon alla testa di Kadima e del governo israeliano. Cosa rimane oggi delle scelte di Sharon quale ad esempio lo sgombero da Gaza?

Rimane il fatto che Olmert non è Sharon. Non bisogna mai dimenticare che Sharon prima di comandare lo sgombero da Gaza, ha fatto tutta un’altra serie di cose. Fu lui a condurre le manovre militari che hanno permesso ad Israele di vincere la guerra sul fronte egiziano nel ’56. E’ stato lui a condurre le operazioni, con il c.d. ”scudo di difesa”, che hanno permesso ad Israele di vincere la seconda Intifada.
Sharon è il più grande combattente contro il terrorismo che il mondo abbia mai avuto.

La stampa liberal europea lo aveva già sommariamente condannato, non è così?

Salvo i miei articoli in cui ho sempre difeso il suo operato come militare e come politico. L’ho difeso però anche quando decise, da premier, di procedere allo sgombero degli insediamenti israeliani di Gaza. Ancora mi tormento per aver sostenuto la bontà della scelta dello sgombero.

Le ragioni di questi tormenti?

Pensi al fatto che da quel momento i leader di Hamas hanno incominciato ad utilizzare lo sgombero a fini propagandistici, riuscendo a far passare quel gesto politico come una loro vittoria.
Al grido di ”gli Israeliani li abbiamo cacciati noi, sulla punta delle nostre baionette” ovvero con i nostri attentati terroristici suicidi. Dal momento dello sgombero da Gaza, i missili kassam e i katiusha sono incominciati a piovere sulla città di Sderot.
Ce n’è abbastanza per tormentarsi.
Gaza non è diventata quel seme di autonomia palestinese che ci auguravamo potesse essere, bensì un luogo di fanatismo, di violenze terroristica e fratricida.
E’ diventata una roccaforte del fondamentalismo islamico, il confine a sud di Israele con l’Iran.

L’Egitto di Mubarak sembra spendersi molto per scongiurare la definitiva virata di Gaza e di Hamas nelle braccia degli Ayatollah. Che spazi di manovra ritiene abbia l’Egitto in relazione al più ampio scontro regionale tra sunniti e sciiti?

A mio avviso Mubarak dovrebbe prendere la testa del movimento sunnita regionale, combattere il terrorismo e il jihadismo a fronte di una forza sciita, capeggiata dagli iraniani, che vuole diventare egemone qui in medioriente. Ma poiché Mubarak è un dittatore, e come ogni dittatore mediorientale che si rispetti, usa l’arma propagandistica anti-occidentale a fini politici, non lo farà.
Preferisce tenersi buoni, sul fronte interno, quelle che sono la bandiera dell’odio anti-occidentale, movimenti come la Fratellanza musulmana che lo incalza, peraltro, sul fronte interno.
Il timore legittimo di Mubarak è che, quando il modo sciita, dovesse chiamare alle armi la popolazione egiziana, questa risponderà affermativamente, mettendo il suo movimento in minoranza nel paese.

Insomma una chiamata a ‘morte’ del regime egiziano?

Molto dipenderà anche dall’atteggiamento dell’occidente. Si pensi solo al fatto che, com’è noto, il governo USA concede aiuti annui all’Egitto pari a circa due miliardi USD. E basta che gli USA minaccino, con piccoli avvertimenti, di sospendere quest’obolo…

Fa riferimento a quei cento milioni USD che il Governo USA avrebbe trattenuto a danno dell’Egitto all’interno del fondo aiuti annuo?

Esattamente!

Da due anni a questa parte il Segretario di Stato USA, Condoleeza Rice ha girato le capitali mediorientali per far ripartire il processo di pace tra israeliani e palestinesi….

Too much!

Perché too much?

Perché Condoleeza Rice sembra essere vittima da una parte di un sogno da ‘grand design’ sullo scacchiere mediorientale e dall’altra, considera i disegni egemonici dell’Iran, il vero scenario da scongiurare.
Il vero problema è che il Dipartimento di Stato crede di poter fermare la marcia iraniana formando un fronte sunnita alternativo, di cui farebbero parte non solo i palestinesi ma gli egiziani, i giordani e soprattutto i sauditi.
Ma questa strategia simmetrica cozza necessariamente con l’esistenza del fronte jihadista che introduce forti elementi di asimmetria in questo quadro. Come se il governo USA non conoscesse le conseguenze delle azioni jihadiste, vedi attacco 9/11, oppure più recentemente, l’assassinio di Benazir Bhutto in Pakistan ad opera di Al-Quaida, ferme restando le responsabilità del Presidente Perzev Musharaf in merito.
La jihad è l’elemento che altera completamente il quadro. Che lo rivoluziona in un certo senso.

Questo articolo sarà pubblicato al termine della prima visita ufficiale, in veste di presidente USA, di G.W. Bush. Sarà in Israele e nel resto della regione per tutta la prossima settimana. Cosa verrà a dire e cosa raccoglierà Bush presso i leader mediorientali dopo la conferenza di Annapolis?

Bush sarà più cauto di Condoleeza Rice. A mio avviso raccoglierà gli sforzi tremendi dei due leader, Olmert e Abu Mazen, di far finta di aver lavorato per la pace. E poiché non è per nulla cretino, nonostante la rappresentazione grottesca che fa di lui una certa stampa italiana e europea, Bush capirà che la situazione è molto più critica di quanto non appaia. Il presidente Bush sembra essere più accorto di Condoleeza Rice, nell’attribuire al pericolo jihadista, una rilevanza maggiore.
E il premier Olmert cercherà di strappate al presidente USA una promessa di non interferire, qualora Israele decidesse di metter fine ai bombardamenti provenienti da Gaza. E’ notizia di ieri che un missile kassam proveniente da Gaza ha raggiunto insediamenti oltre la città di Ashkelon, in Israele.

Missili di Hamas lanciati da Gaza oltre Ashkelon. Ormai non siamo così lontani da Tel Aviv?

Ma forse il missile per Tel Aviv esiste già. Ma Hamas teme di farla troppo grossa. Israele sarebbe costretta a rientrare a Gaza.

A suo avviso il premier Olmert vuole scongiurare un rientro militare a Gaza?

Olmert vuole il permesso per fare una cosa del genere. Il premier Olmert non è mica un masochista.
Può aver dimostrato imprudenza in passato ma sa che Israele è minacciata in maniera pesantissima.
Senza contare che mostrare che è possibile bombardare il territorio israeliano, senza che ciò provochi reazioni militari, è un pessimo messaggio ad altri gruppi terroristici, notoriamente gli Hezbollah in Libano.
Consideri che qui in medioriente l’azione militare è considerata roba da tutti i giorni.
La politica di Israele dei bombardamenti mirati, peraltro molto civile se si considera che i missili kassam diretti su Israele affliggono soprattutto obiettivi civili israeliani, sembra avere i giorni contati.
Insomma Olmert vuole ottenere la promessa che, qualora Israele decidesse di intervenire massicciamente per sottrarsi agli attacchi giornalieri provenienti da Gaza, gli USA non condanneranno tali azioni. Da parte sua, Abu Mazen chiederà a Bush che prema su Israele affinchè il governo Olmert crei un piano di sgombero degli ‘outpost’ concertato e non unilaterale, come sarebbe nelle preferenze del governo israeliano.

Per chiudere, lei ha partecipato alla conferenza di Annapolis (USA), dove i paesi della regione si sono ritrovati per tornare a parlare di pace tra israeliani e palestinesi…

E’ stata la grande vittoria dell’ANP. Per la prima volta dall’arrivo di G.W. Bush alla Casa Bianca, Americani, Europei, Mediorientali sono tornati a parlare, in maniera tradizionale, della questione israelo-palestinese. La presidenza Bush del primo mandato aveva rideclinato, giustamente a mio avviso, l’approccio alle questioni mediorientali nei termini del contrasto all’azione jihadista.
Ora sembra sia in corso un ritorno a vecchie pratiche diplomatiche.

Da cronista che seguiva i lavori della conferenza, Lei ha avuto modo di denunciare pubblicamente, le procedure protocollari discriminatorie che la delegazione diplomatica e giornalistica israeliana hanno subito durante tutto il vertice di Annapolis. Tutto ciò con l’acquiescenza dei padroni di casa?

Gli americani hanno accettato questo punto per evitare grane con le delegazioni arabe.
Certo è che, se il Dipartimento di Stato Americano ha accettato questo compromesso, mi viene il sospetto che ne potrebbero accettare tanti altri a detrimento di Israele.
Insomma porte separate, elicotteri separati, tavoli separati…Mentre tutte le altre delegazioni si mescolavano naturalmente, gli israeliani vivevano, quantomeno ufficialmente, separati da tutte le altre ‘corti’ diplomatiche.
Certo che ci sono stati incontri di ‘sguincio’ tra israeliani e palestinesi. Ad esempio, ho personalmente visto salire, negli appartamenti di Olmert, una delegazione palestinese capeggiata da Abu Allah. Ma nell’ufficialità, tali incontri non esistevano.
Di più, i giornalisti israeliani sono stati invitati ad uscire, in occasione della conferenza stampa di chiusura, e sono stati messi alla porta e al freddo (aggiungo io) proprio in virtù della regola delle separazione. Tutto ciò è quantomeno ributtante.

Nessuno in Italia ha fatto menzione di questo stato di cose salvo Lei personalmente dai microfoni di Radio Radicale?

Mi viene da chiedermi dove siano andati a finire i nostri difensori dei diritti umani del giornale ”Manifesto”?’
Perché quelli del ”Manifesto” non hanno fatto un bel pezzo su ” l’apartheid” subita dai loro colleghi israeliani? O forse pensano che i giornalisti israeliani siano degli aguzzini che adorano torturare i bimbi palestinesi? Ci deve essere una ragione per un silenzio così assordante, non crede?
Mai che abbia avuto il piacere di leggere un articolo sul ”Manifesto” a proposito della paura e delle morti che i cittadini di Sderot, bombardati giorno e notte dai kassam lanciati da Gaza, subiscono da mesi. Nulla di tutto questo.