di Andrea Pisauro e Daniele Granata
Avete presente la frustrazione che ti prende quando ti accorgi che le cose non sono andate per niente come dovevano andare?
Immaginate di essere due studenti di fisica dell’Università la Sapienza, entrambi laici, uno credente e l’altro un po’ meno, all’indomani della mancata partecipazione del papa alla cerimonia inaugurale dell’anno accademico del nostro ateneo, col conseguente coro di critiche che si sono levate contro studenti e professori della nostra facoltà.
Questa vicenda e il dibattito tra opposti estremismi che l’ha accompagnata ci ricordano da vicino le vicissitudini di un paese capace solo di dividersi in fazioni senza riuscire a ragionare sui problemi.
Da qui nasce l’amarezza che ci spinge a raccontare il nostro punto di vista sull’argomento.
La nostra è l’amarezza di chi vede un rettore debole e sotto inchiesta cercare di ridare linfa alla propria immagine sfruttando un’autorità morale (il papa) e istituzionale (il sindaco) che la sua guida e l’istituzione che rappresenta sembrano non avere più. Un rettore che, forse per incuranza, non riesce a vedere che il suo personale interesse non coincide con quello dell’università che dirige così come con quello del paese. Che non coglie le ragioni di inopportunità politica nell’invitare la massima autorità religiosa all’inaugurazione di un’istituzione laica in un determinato momento storico, nel quale è sempre più evidente una contrapposizione frontale tra la Chiesa cattolica e parte dell’opinione pubblica insofferente alle sue ingerenze nel dibattito pubblico.
Se è vero però che noi il papa in quest’occasione non l’avremmo invitato, è vero pure che ci sembra ci siano altre e più importanti questioni in cui difendere il diritto a vivere in uno Stato laico.
Noi, oltretutto, questa storia della laicità, non ci sentiamo di banalizzarla a una questione formale, tanto più che un luogo come l’università dovrebbe avere come vocazione la massima apertura culturale oltre che l’amore per la scienza. E dunque una volta invitato, il papa l’avremmo fatto entrare.
Perché per noi la laicità è sostanza e metodo, è la libertà di guardarsi in faccia ed ascoltare ogni punto di vista da una parte come dall’altra. E’ l’apertura mentale di ospitare un papa, che sia conservatore e “nazista” oppure buono e “di sinistra”. E’ allo stesso modo il coraggio di accettare, ascoltare e cercare di capire i fischi e le critiche. Tanto più perché, come giovani innamorati della scienza, intuiamo una sensibilità molto diversa dalla nostra nel pensiero di Benedetto XVI, ma non per questo rifiutabile a prescindere.
E quindi l’amarezza ci viene anche dalle parole di chi, in nome proprio di una laicità che non definiremmo tale, rifiuta la presenza del papa “nemico” tanto all’inaugurazione dell’anno accademico quanto in qualunque altra occasione. Ci amareggia anche l’inconsistenza di certe posizione di contestazione a prescindere che crediamo non consone alla vocazione di verità che ci deriva dal nostro voler essere scienziati.
Allo stesso modo, pur condividendo le ragioni della lettera dei professori, giustificata per denunciare le ragioni di inopportunità di un visita, ci sembrano erronei taluni riferimenti a discorsi pronunciati dal papa quasi venti anni fa; riferimenti che oltretutto confondono la meritoria battaglia di principio per la laicità dell’istituzione Università col risibile tentativo di non avere nulla a che fare con chi la pensa diversamente.
E il dispiacere per il discredito che questa lettera ha portato a persone verso le quali nutriamo profonda stima, è stato tanto più amplificato dall’improvvida decisione di diffonderla ai giornali, quando era nata per una comunicazione interna all’università; giornali e televisioni che ne hanno ovviamente fatto una roboante quanto superficiale campagna mediatica e che troppo spesso fanno della criminalizzazione del dissenso la loro ragione di vita.
Amarezza che non può che crescere a sentire il fuoco di fila delle dichiarazioni di esponenti politici spesso disinformati ma sempre pronti a stravolgere la realtà ribattezzando in modo incivile e rozzo “cattivi maestri” i professori che tutti i giorni ci spiegano i misteri profondi della natura: si tranquillizzino tutti, mai li abbiamo sentiti parlare di politica in aula! Ci indigna vedere il circo mediatico insorgere ed arrivare a mettere in dubbio la nomina alla presidenza del CNR di uno scienziato del valore di Luciano Maiani.
Constatiamo che la decisione di papa Ratzinger di non venire ne determina di fatto una vittoria morale, quasi a voler zittire il clamore di tante inutili polemiche e parole vuote, a maggior ragione perché non sussisteva ragione alcuna di ordine pubblico per impedirne l’arrivo.
In definitiva troviamo questa vicenda emblematica dei tanti vizi che affliggono il nostro paese: dall’inefficienza ed irresponsabilità di un dirigente pubblico all’appello militante degli intellettuali che ingenuamente si prestano al massacro, passando per la protesta dei puri e duri, fino alla montatura dell’immancabile caso mediatico e il successivo balletto di inutili dichiarazioni di politici altrettanto inutili.