Per non rischiare di prendermi troppo sul serio e di conseguenza per non farmi prendere troppo sul serio ho deciso di scrivere questo articolo sotto l’effetto di una sbornia da sabato sera.
Eppure gli ultimi eventi imporrebbero una certa serietà vista la complicata e assolutamente instabile situazione politico-sociale che si è venuta a creare.
L’ora delle assunzioni di responsabilità è resa risibile dai fatti e dalle persone, tra sputi, risse, insulti,avvisi di garanzia, camionette di squadristi che festeggiano la caduta di un governo manco fosse tornato Benito e una crisi isterica che ha colpito tutti i componenti del partito democratico che nelle ultime apparizione televisive sono sembrati degli indemoniati.
L’unico che riesce tuttora a mantenere una certa calma è lo sconfitto professore, divenuto nuovo eroe nazionale per la resistenza portata avanti fin oltre l’evidenza.
Onore alle armi caro Romano, anche se non s’è capito da dove sia spuntato questo coraggio quasi partigiano proprio nel momento della certa sconfitta.
Sperando di poter risolvere in fretta questo dilemma, c’è anche da chiedersi se non sia l’ora di iniziare a codificare un linguaggio che renda comprensibile la politica al popolo, senza dover scadere nella violenza degli slogan che infiammano le piazze e si perdono in un bicchiere d’acqua.
Nel frattempo ecco riaffiorare la crisi da sinistra, sintomo da post-comunismo, che convince gli uomini che la sinistra fa bene solo se è all’opposizione, incapace di incalzare una destra povera di idee,di contenuti e di dignità.
Ed ecco anche resuscitare quello spettro (ma che fondamentalmente è il più vivo di tutti) del Cavaliere, l’amato-odiato, il re del mal governo senza pensarci troppo su, del mal governo che tutto sommato “me ne frego” ma basta farsi una risata.
Saranno suoi ancora i prossimi cinque anni in cui davvero può succedere tutto e il contrario di tutto.
E intanto le strade si iniziano a riempire di banchetti politici, ma soprattutto antipolitici, dimostrazione che l’immondizia non è solo nelle vie campane.
Prepariamoci allora ad una stagione di veleni, dove le basi della nostra sudata democrazia sono addirittura messe in discussione da un comico di dubbio gusto ma con alle spalle un impero da fare invidia ai gota della nostra economia.
L’Italia spaccata è pronta per non riconciliarsi e le divisioni politiche iniziano più che mai a logorare i rapporti umani minando fortemente quel principio di solidarietà che per anni ci ha reso un popolo.
I tiratori di rubli contano le monetine aspettando il prossimo da linciare nella pubblica piazza, e voci non confermate dicono che c’è chi ha conservato le 100lire per l’occasione.
E allora ricomincia la bagarre in cui ognuno dice quello che vuole come gli pare, senza freni ne remore, e dunque sia la rivoluzione armata, come stessimo giocando all’Amiga, più precisamente a North e Suth. La guerra delle mafie. La mafia delle industrie e la mafia dei pizzini: chi sarà il vincitore?
Le nostre divisioni fanno ormai invidia alla matematica: nord e sud, laici e cattolici, evasori e contribuenti, destra e sinistra, berlusconismo e antiberlusconismo, guerra e pace, raccomandati e disoccupati,giustizialisti e garantisti, ricchi e poveri…forse potrei continuare
E a pagare sono i più deboli, i reietti della società, i soliti capri espiatori solo perché dalla loro condizione non hanno diritto di parola, e magari tra qualche anno si deciderà di concedere uno stato anche a loro, o forse tutto per loro.
La politica che non risparmia neanche la sanità si è messa con le spalle al muro.
Si dice dalle mie parti “adda passà a nuttata” e intanto padri perdono i figli per averli malauguratamente portati in ospedale, la cui colpa è quella di aver ignorato se i primari fossero dell’una o dell’altra parte politica, ma credo che nel caso l’avessero saputo non avrebbe saputo scegliere ugualmente.
La nostra democrazia estrema che tutto concede è presa a manganellate e il morbo dell’italiano arriverà a convincere anche noi ( come ha già fatto col mondo) che siamo il paese di pulcinella. E pensare che ci indignavamo quasi a sentirci descrivere come “pizza e mandolino” o “mafia”. Ora siamo “munnezza”.