In Kosovo nasce un fiore chiamato bozur. E’ un fiore rosso dal colore sanguigno che il folklore popolare attribuisce al sangue che innumerevoli volte ha macchiato la terra della regione. Nel 1389 il principe serbo Lazar Hrebeljanović formò una coalizione di signori cristiani per fronteggiare le armate del sultano ottomano Murad I. Sebbene Lazar venne ucciso ed il suo esercito sgominato, la morte del sultano lasciò una situazione incerta ed instabile in tutta la regione. Quella battaglia, nella Kosovo Polje (la Piana dei merli), viene ricordata ancora oggi dai Serbi come l’inizio della fine della loro indipendenza ma anche allegoricamente come il sacrificio del popolo serbo per salvare l’Europa dall’avanzata ottomana. E’ una mitologia pericolosa, che vede il nazionalismo più feroce mischiarsi alla dimensione cristologica del sacrificio. Il Kosovo dunque è una delle sedi originarie della cultura e del folklore serbi, ma anche il luogo dei più importanti centri di culto della chiesa serbo-ortodossa come il monastero di Dečani e pur tuttavia la maggioranza della sua popolazione nell’ultimo secolo è di origine albanese. I due popoli sono ferocemente divisi per cultura e tradizioni e lingua ma uniti da una storia comune che rende il Kosovo, mai come altro luogo, l’esempio più eclatante della condizione della polveriera balcanica.
La regione era stata posta dal 1999 (risoluzione ONU 1244) sotto un protettorato internazionale e dotata di un parlamento ed un governo provvisori. La situazione è rimasta in stallo da allora vedendo fallire ogni trattativa tra le parti. Il 17 Febbraio 2008 però, il parlamento Kosovaro ha proclamato unilateralmente l’indipendenza totale della regione. Stati Uniti e alcuni tra i più importanti paesi europei (tra cui l’Italia) hanno riconosciuto il nuovo soggetto mentre Russia, Cina e altri paesi (tra cui Spagna e Grecia) si sono dichiarati contrari. La questione si presenta come particolarmente spinosa sul piano diplomatico e di difficile soluzione. Ecco alcuni punti caldi.
- Le recenti elezioni politiche in Serbia hanno visto vincere, anche se con un ristretto margine, il democratico Boris Tadić, conosciuto per le sue posizioni filoeuropee. Il Kosovo ha dichiarato la propria indipendenza sicuramente dopo la rassicurazione ufficiosa da parte dei governi di quei paesi che ora lo riconoscono come soggetto autonomo. Ma tale riconoscimento repentino avrà come principale conseguenza quella di indebolire la posizione interna di Tadić che era l’unica garanzia per una Serbia all’interno dell’Unione Europea. La componente nazionalista guidata da Tomislav Nikolić, pur uscendo sconfitta dalle elezioni, ha raccolto numerosi consensi ed è ovvio che userà la questione del Kosovo per indebolire Tadić. Il successo dei nazionalisti è pericoloso per una duplice ragione: da una parte riporta la Serbia verso le ombre di un sinistro passato e dall’altra è un pericolo per la stabilità in Europa dove i movimenti nazionalisti e radicali sono in ascesa.
- Per quanto il principio di autodeterminazione dei popoli sia innegabile l’opportunità politica di un’indipendenza della regione in questo momento pare quantomeno dubbia. La questione basca in Spagna e quella albanese in Macedonia ed in Grecia (secondo il progetto della Grande Albania) potrebbero inasprirsi per la creazione di questo precedente grazie ad un effetto domino vanificando gli sforzi diplomatici finora compiuti.
- Nella condizione di ostilità diffusa che si è venuta a creare nella regione è impensabile il ritiro della forza internazionale KFOR, che al momento rimane l’unica certezza a scongiurare un nuovo conflitto. Le iniziative per la creazione di uno stato di diritto risultano quindi ostacolate più che favorite.
- Come già detto il Kosovo rappresenta per la Serbia una delle culle della propria cultura. Se la pulizia etnica da parte di Slobodan Milošević ha rischiato di diventare un vero e proprio genocidio, è vero anche che le ritorsioni sui civili serbi residenti nella regione da parte degli albanesi non sono state da meno, senza contare la distruzione di alcuni luoghi di culto come il monastero di Nostra Signora di Ljeviš (patrimonio dell’Unesco). La situazione peculiare sia storica che culturale del Kosovo fa pensare che debba essere escogitata una soluzione ad hoc che non preveda azioni unilaterali.
- Sul piano del diritto internazionale la dichiarazione presenta delle caratteristiche esterne alla legalità. Lo statuto della regione è ancora vincolato alla Risoluzione 1244 delle Nazioni Unite ed il Consiglio di Sicurezza non si è ancora pronunciato, segno della debolezza dell’ONU ma anche della complessità della questione che rischia di diventare una mera prova di forza contrapposta in seno all’ONU stessa.
La vicenda ha poi mostrato nuovamente la frammentazione politica della UE specialmente nella vicende internazionali, lasciando le azioni più significative a Stati Uniti e Russia su una questione che dovrebbe e potrebbe essere gestita dall’Europa perché, anche in ragione del recente allargamento a Romania e Bulgaria, i Balcani sono sempre più una questione europea.