Nel manifesto dei valori del PD, al punto 3 leggiamo:
“La laicità presuppone uno spazio pubblico di libero confronto: noi concepiamo la laicità, non come il luogo di una presunta neutralità, ma come rispetto e valorizzazione del pluralismo degli orientamenti culturali, e quindi anche come riconoscimento della rilevanza, nella sfera pubblica e non solo privata, delle religioni, dei convincimenti filosofici ed etici, delle diverse forme di spiritualità. Le energie morali che scaturiscono dalle esperienze culturali, spirituali e religiose, quando riconoscono il valore del pluralismo e del dialogo, rappresentano un elemento vitale della democrazia.”
Questa analisi, per quanto possa sembrare animata da un sincero spirito laico è, a mio parere, piuttosto viziata dalla sudditanza confessionale che impera nel nostro paese. Al solito tratterò gli argomenti per punti, con la finalità di rendere più chiaro il mio pensiero.
I. Come leggiamo, la laicità viene considerata come il rispetto e la valorizzazione del pluralismo degli orientamenti culturali. Il pluralismo è il riconoscimento della presenza di modelli diversi ed alternativi nella spiegazione ed interpretazione dei fenomeni, sia in ambito epistemologico che etico-morale. Una società plurale dovrebbe garantire la convivenza pacifica di concezioni differenti. Ma il pluralismo non è il relativismo puro. Se è vero dunque che ogni posizione ha il diritto di venir espressa vi sono alcune posizioni che hanno più legittimità teorica di altre, in virtù della loro pregnanza conoscitiva. Sostenere ad esempio, come faceva Tommaso d’Aquino, che le macchie lunari siano “agglomerati” di angeli, è oggi meno accettabile che considerarle come crateri e depressioni della superficie del nostro satellite naturale. Risulta quindi chiaro che certe posizioni, all’interno di un confronto democratico, dovrebbero prevalere su altre, non certo perché imposte da un atto autoritario ma perché persuasive in forza della loro ragionevolezza e razionalità.
II. La ragione è infatti l’unico terreno comune per sostenere il pluralismo. Ogni confessione religiosa infatti proclama la sue verità sulla base di assunti spesso ingiustificati se non dopo un cieco atto di fede. Se un confronto religioso è possibile, lo sarà nello spazio comune dell’argomentazione razionale (quando attuabile) e non sui contenuti di fede, che, in quanto tali, risultano necessariamente esclusivi e univoci.
III. Un vero spirito laico dunque non può riconoscere la rilevanza delle confessioni e delle credenze filosofiche nella sfera pubblica proprio perché la sfera pubblica deve contenere l’espressione delle ragioni e delle riflessioni e non delle convinzioni, che rimangono legittime finché limitate alla sfera personale.
IV. Rispettare le diversità culturali significa tutelarne l’indipendenza l’una dall’altra attraverso il confronto, ma non certo abbracciarle tutte nella vana speranza di trovarne una sintesi.
La laicità non è dunque l’equidistanza da ogni confessione religiosa, quanto piuttosto l’indifferenza verso ogni confessione religiosa. Il principio della laicità va dunque ribadito con una scelta netta e non con un “ma anche”, perchè “assolver non si può chi non si pente,/ né pentere e volere insieme puossi / per la contradizion che nol consente”.