Stamattina mi sono svegliato di buon’ora (come al solito) e mi sono preso un’altra mezz’oretta per decidere. Alla fine, mi son messo in macchina e sono andato. All’Hotel Ramada a Napoli si apriva la campagna elettorale campana del Partito Socialista ed era previsto l’intervento di Enrico Boselli, segretario del partito e candidato premier.
Embhe? dove sta la notizia? Per voi, nessuna novità, ma per il sottoscritto è una grande novità. E’ un ritorno al futuro, back to the future, come la famosa trilogia di Robert Zemeckis iniziata negli anni ottanta, gli anni in cui ho conosciuto mia moglie, il mondo del lavoro e il partito socialista italiano.
No, non ero un ‘rampante’ e, per dirla tutta, i paninari mi facevano schifo e quando per lavoro mi sono trovato a Milano per qualche anno, emigrato senza essere emigrante, non vedevo più una città da bere e avevo già deciso di lasciare il PSI.
La tessera del 1985, quella col faccione di Giacomo Matteotti, fu infatti l’ultima. Non fu necessario, ai miei occhi, aspettare le monetine del St. Raphael. Quel glorioso partito di Turati, Rosselli, Nenni, Matteotti, Lombardi, Pertini, già nel 1985 non esisteva più. Un’accozzaglia di affaristi ed arrivisti, edonisti mascherati, aveva assediato il fortino dei ‘condannati a governare’ e mano a mano che cresceva il consenso, peggioravano i socialisti, i metodi, il governo. L’implosione era alle porte, la rabbia tanta, troppo facile pronosticare che ‘il nuovo’ sarebbe stato peggio del vecchio.
La gogna a cui sono stati sottoposti tanti onesti socialisti, per decenni ormai, è stato il prezzo che si è dovuto pagare per gli errori, i troppi errori, fatti durante l’epoca di Craxi. Ma non era sbagliato il ‘craxismo’ cioè l’applicazione pratica di un riformismo che finalmente decide, visto che oggi, su quell’impostazione, convergono forze che ne erano fiere avversarie.
Per tanti anni non ho seguito le vicende del partito, cioè la ‘diaspora’ che ha ‘sparpagliato’ i compagni su posizioni contrapposte, qualcuna delle quali mi pare totalmente incomprensibile per non dire inaccettabile. Ma questo non ha fatto venir meno quel vecchio fuoco, quell’orgoglio, la fierezza di chi frequentava quella sezione dove nel 1980 si sbattevano ancora i pugni sul tavolo per l’indignazione del maestro, il vecchio segretario, che vedeva calpestati i diritti dei tanti abitanti di quel borgo agricolo ed operaio del mezzogiorno d’Italia.
La nascita della Rosa nel Pugno, poco più di due anni fa, come un’ improvvisa folata di vento, aveva attizzato il vecchio fuoco. Vedevo finalmente una coniugazione moderna dei vecchi ideali tale da consentire di dar voce ad un fedele discepolo del socialismo liberale.
Il disappunto per il fallimento della Rosa nel Pugno (un discorso che non è chiuso, anzi inevitabilmente destinato ad essere ripreso) ha lasciato subito lo spazio all’interesse per l’avvio della Costituente Socialista. Mettendo fine alla diaspora e facendo rinascere il Partito Socialista (condannato dalle elezioni anticipate anche a rinunciare al suo congresso) si è posto anche un paletto per la naturale continuazione di un processo che dovrà portare all’aggregazione delle forze che qualificandosi laiche, socialiste, radicali, liberali sono tutte unite dall’intento riformista.
Erano le dieci, poca gente all’ingresso, sono entrato nella sala della conferenza, centinaia di sedie ma solo poche persone. Mi ha preso allora un senso di sconforto: che io abbia sbagliato tutto? il grande progetto è ridotto ad una assise di nostalgici?
Di questo ci accusano, se giri un po per internet; dopo i classici : socialisti ladri! dove andate con quell’avanzo di balera!, la prima cosa sensata che tocca ascoltare è l’accusa di aver posto in piedi un progetto senza futuro, un ritorno in pista di vecchie cariatidi.
Per una buona mezz’ora sono stato preda del dubbio se andarmene deluso o restare, ma poi sono bastati una decina di minuti per cambiare la sala ed anche il mio umore. La sala si è improvvisamente riempita, c’era molta gente in piedi che non ha trovato posto, sono arrivate le bandiere rosse, ho visto finalmente facce giovani, gli oratori hanno iniziato a parlare.
Non sapevo che la sezione di Acerra dello SDI fu chiusa perchè si opponeva al termovalorizzatore che invece era fortemente voluto dal partito. Non sapevo che i socialisti campani, da mesi ormai, hanno lasciato la giunta di Bassolino e sono passati all’opposizione invocando nuove elezioni. Non sapevo dei compagni, già eletti in passato, che hanno scelto gli ultimi posti delle liste. E non sapevo tante altre cose, ma come facevo a saperle? Io sono socialista per convinzione ideale, per fare l’utile del mio paese, non conosco la politica del quotidiano, quella della scelte concrete di pezzi del territorio.
E’ poi arrivato Boselli che ha iniziato e finito il suo discorso sempre con quel tono pacato, da uomo mite, che all’inizio mi ha ricordato quell’argomentare soporifero, che gli italiani così poco gradiscono, incarnato da Romano Prodi. Ma Boselli è diverso, non ha la retorica delle frasi fatte, ti porta a seguire un concetto e costringe chi lo ascolta a ragionare.
Non saprei dire, però, se questa caratteristica sia un fatto positivo in un ambiente in cui i media ti costringono a condensare in una sola frase il tuo messaggio quotidiano agli elettori. Aggiungici poi che tra tutti i candidati premier, Boselli è il più censurato e forse troverai un punto di debolezza.
Ma debolezza elettorale, non ideale.
Alla fine me ne sono andato e uscendo ho visto una sola auto blu e due auto della polizia e mi sono detto che tutto sommato era meglio così. Questo partito ha in tasca un buon progetto ma forse ha bisogno di stare ancora fuori dai riflettori per un po di tempo. Il tempo necessario a rinnovare la classe dirigente, a ridare una faccia pulita, ad un ideale vincente. Chiudendo così tre lustri di gogna.