“”Questa campagna elettorale crea un illusionismo mediatico terribile, perchè fa pensare che attraverso interventi della politica soltanto sui temi fiscali si possano creare fattori di successo nel medio e lungo periodo, in un’epoca globalizzata come la nostra. Secondo me si innescano pericolose illusioni. La reale capacità competitiva futura è basata, invece, su educazione, ricerca e innovazione: tre elementi chiave per il benessere in questo secolo””
Non sono parole di un liberista nè di un bolscevico; sono le parole di uno che fa il vicepresidente di Confindustria pronunciate a latere del tentativo di ottenere un beneplacito bipartisan sul proprio decalogo relativo all’istruzione.
E che te ne fai, caro mio, di un beneplacito di Veltrusconi? E’ meglio investire in carta straccia. Dici bene, caro mio, parlare solo di tasse non porta lontano, ma allora perchè ti rivolgi a coloro che parlano solo alla pancia e non alla testa?
Poni due problemi, mio caro: la pressione fiscale e l’istruzione.
Orbene c’è un partito in Italia, ben oscurato s’intende, che ha fatto dello slogan “Scuola Pubblica, Scuola Pubblica, Scuola Pubblica” il punto centrale del suo programma. Ma non vale la pena parlarne, è dato allo 0,00000001% dai sondaggi pagati dai suoi nemici, gli unici pubblicabili sui giornali e visibili in Tv. E quando Boselli a Ballarò ha enunciato la sua priorità per l’Italia (istruzione, ricerca, innovazione) lo hanno guardato come un marziano. Non aveva portato la claque, poverino, ma bisogna capire che un piccolo partito non ha tanti mezzi.
Siamo figli di un popolo che accumula debiti e li carica sulle spalle dei figli e continua a votare chi è più bravo in quest’arte. Vogliamo dare ai nostri figli i mezzi per poterlo pagare, questo debito?
Volevo però parlarti di tasse e dei programmi possibili. Vedi, mio caro, in Italia c’è una fetta di politici sempre più vasta che trova comodo definirsi ‘liberale’. In un paese dove quasi nulla è ‘liberale’ ci sono centinaia di parlamentari che si dichiarano tali. Evidentemente, qualcuno di questi, soprattutto in passato, si è appropriato di un titolo immeritato. Alcuni, poi, pur di distinguersi, si fanno chiamare liberisti.
Essi preferiscono un approccio che in inglese suona ‘starving the beast’, ma non preoccuparti, in italiano è un semplice ‘affamare la bestia’.
E’ una tecnica semplice: tagliamo prima le tasse, facciamo mancare alla ‘casta’ i soldi da spendere in modo da costringerla a tagliare anche la spesa pubblica. Se bisognerà tagliare in modo drastico si dovranno – giocoforza – eliminare gli sprechi mentre grazie ai soldi in più rimasti ai privati staremo tutti meglio perchè i privati li fanno fruttare meglio dello Stato.
Questa tecnica fu suggerita da Laffer ed entrò nel programma di Ronald Reagan come uno dei suoi pilastri. Si è molto discusso sugli effetti della “reagonomics”, ma una cosa sembra certa: Reagan entrò alla Casa Bianca con un debito pubblico di circa 800 miliardi di dollari ed otto anni dopo se ne uscì lasciando un debito di 2.200 miliardi di dollari.
Ci deve essere qualcosa, dunque, che non funziona bene in questa tecnica o, per meglio dire, la sua applicazione non genera univoci effetti positivi a maggior ragione per un Paese come l’Italia che a causa del debito non ha neanche i soldi per investire sulla sua crescita.
Ma non finisce qui, caro mio. In Italia c’è poi un’altra tecnica, molto in voga tra i comunisti, gli ex comunisti, gli ex democristiani e tutti gli ex di qualche cosa. Si chiama ‘tassa e spendi’. Si basa sul principio noto in contabilità di stato secondo il quale nel redigere il bilancio dello stato prima si determinano le spese e poi si trovano le risorse per farvi fronte.
C’è solo un piccolo problema in questa tecnica: che le spese si trovano subito, ma di trovare le risorse si incaricano i posteri. E così, rimandando da avi in posteri, ci si è trovati con il debito astronomico che falcidia i redditi soprattutto delle fasce deboli, pensionati e lavoratori dipendenti in primo luogo.
Qualcuno allora ha pensato a questi poveri cristi, la classe lavoratrice, e ha inventato lo slogan del “risarcimento sociale”. Togliamo ai ricchi, impedendogli di evadere e distribuiamo ai poveri i soldi così ottenuti che diligentemente accantoniamo in un “tesoretto”.
Ma siccome ogni medaglia ha un suo rovescio, quando cambia la congiuntura economica, i tesoretti spariscono e i soldi in tasca alla classe lavoratrice pochi erano e pochi rimangono, anzi diminuiscono, perchè il debito è rimasto lo stesso mentre i prezzi aumentano e gli interessi da pagare, pure.
Caro mio, le soluzioni semplici non sono fatte per un popolo abituato a riempirsi bocca e polmoni con la ‘gestione della complessità’, cioè la sottile arte di rendere difficile smaltire la monnezza in Campania e far pagare le GIUSTE tasse ai BMWmuniti del nordest che dopo la settimana bianca non ce la fanno più e le SACROSANTE tasse ai troppi imprenditori miei conterranei che dichiarano un reddito inferiore a quello di un operaio.
Pagare Meno, Pagare Tutti è uno slogan socialista. 100% socialista. In economia bisogna produrre ricchezza e, per giustizia sociale, anche redistribuirla. Pagando meno tasse, la ricchezza prodotta aumenta così come aumentano le libertà individuali. E’ possibile pagare meno tasse solo se le pagano tutti. E’ possibile tagliare la spesa pubblica se tutti pagano le tasse, altrimenti si premiano gli evasori che usufruiranno dei servizi pubblici senza contribuirvi e si penalizzano i contribuenti onesti che si vedranno privati di servizi che hanno pagato.
Ma il nostro debito è un vincolo forte, non possiamo fare prima una cosa e poi l’altra. Dobbiamo fare le due cose ‘contemporaneamente’: una sorta di patto: aliquote più basse in cambio di maggiore fedeltà sotto forma di norme che consentano una lotta all’evasione senza ‘se’, senza ‘ma’ e senza i tempi e i cavilli tipici di un paese con più avvocati che badanti.
Sto dicendo cose ovvie? Certo che si, ma sto dicendo cose che Veltrusconi promette, ma che non farà, perchè non lo vuole fare, non lo può fare.
La politica del Veltrusconi 2001-2006 liberale con i propri doveri e statalista con i propri interessi, ha spacciato come riduzione fiscale un sostanziale aiuto all’evasione. Il caso dei conti in Liechtenstein, sollevato per merito di paesi europei dove la lotta all’evasione è una cosa seria, mostra chiaramente il fallimento di una politica o meglio, dei presupposti economici, giuridici e sociali su cui quella politica era basata. Pur potendo avvalersi dello “scudo fiscale” e quindi ‘lavare’ quei soldi sborsando quattro lire, i nostri 400 connazionali, hanno preferito tenerli all’estero. Non mi si venga a raccontare, dunque, che quei soldi sono espatriati per colpa di una aliquota italiana troppo alta. Abbassata – quasi azzerata – quell’aliquota, garantita anche la totale impunità e la totale segretezza, i soldi non sono tornati. Perchè?
La politica del Veltrusconi prossimo futuro, sarà anche peggio. Si è promesso di tutto, di più: di tagliare il debito, dunque, neanche a parlarne. Fuori discussione l’ipotesi di maggiori controlli fiscali sulla propria base elettorale (accà nisciuno è fesso), ma un qualche taglio di facciata bisognerà pur farlo: forse sparirà l’ICI e, come sempre, pagherà Pantalone.