“Corriamo da soli”,nessun simbolo accanto al nostro.
Come il mai citato e non citabile nemico, o avversario – dato che questa sarà la campagna del volemose bene – a rimangiarsi le parole ci vuole un nonnulla. Ecco dunque che il simboletto del Pd non sarà solo sulla scheda elettorale, ma avrà accanto un gabbiano, con le manette sotto l’ala chissà.
Una scheda elettorale, questo è vero, molto diversa da quella passata. Un lenzuolo disse allora Prodi, una pergamena, mi verrebbe da dire oggi. I simboli, orfani dello spazio per i nomi, saranno impilati, uno sotto all’altro, nessuna ammucchiata, pochissime accoppiate. Forse proprio la sola, tranne al Nord, sarà l’uno-due Walter-Totò. E suona più da duo comico di sketch d’antan, che un tandem politico. Il taumaturgico nuovo che avanza che si lega non a un partito, ma ad un uomo.
Già perché l’Italia dei Valori nasce solo come contenitore, come involucro, della sprizzante personalità del suo capo, non come percorso finalizzato ad un obiettivo. Chi conosce altri tre nomi di esponenti di quel partito? Chi sa se ne esistono davvero le sezioni? Di certo qualcuno sa quanti voti accaparra, e quanti ne potrebbe accaparrare. Altrimenti non sarebbe lì, accanto al Pd.
E dunque i fottuti saranno solo due, entrambi storici rappresentanti di quel riformismo che i democratici dicono di incarnare: i Radicali e i Socialisti. Già i primi, dati una maggiore fluidità strutturale potranno in qualche modo trovare un modo per associarsi e continuare a (r)esistere. I Socialisti non riusciranno a collegarvisi: le condizioni di Walter non sono accettabili, la richiesta di cancellarsi non è stata presa in considerazione neppure da Boselli.
Il gioco sporco di Veltroni pare chiaro. Lasciare andare la zattera della Rosa verso la tempesta elettorale. Vederla schiantare contro gli scogli. Passare a raccattare i superstiti. Quelli che vorranno salire sul galeone del salvatore avranno qualcosa da mangiare e sopravvivranno, in un modo o nell’altro. Gli stoici, i coerenti, i coraggiosi beh … pace all’anima loro.
In realtà questo non è un gioco. Da questa battaglia l’unico partito socialista italiano, collegato di diritto al Pse, e non legato con stratagemmi “ma anchisti” agli altri partiti di tradizione socialdemocratica europea, rischia di uscirne davvero sconfitto. E sarebbe una resa incondizionata, con il risultato di sparire dal Parlamento, quindi dalla politica che conta.
E il disegno di Walter l’americano si palesa più che nelle parole nei fatti, in questa alleanza. La portata della scelta di Di Pietro va al di là del pacchetto di voti che essa dovrebbe garantire. E’ l’emblema di una scelta politica. Il Pd non guarda più davvero a sinistra, ma guarda ad altro. Ad essere, non solo nel nome, come il partito liberal americano, che più che fare politiche di sinistra, fa politiche non di destra, … e non sempre.
Accogliere Di Pietro significa soprattutto, però, sposare una cultura giustizialista, che spesso di giusto ha poco o niente. Significa accogliere un modo di far politica populista e non popolare. Rafforza quella idea di politica bla-bla che si associa a Veltroni. Strano che la componente più riformista e liberale dei Ds lo possa accettare, dato la posizione che teneva fino ad un anno fa.
Il rischio della morte del Ps è possibile, per i pessimisti probabile, per alcuni “compagni” auspicabile. E il problema è che in quella circostanza a morire non sarebbe un partito, poco male, ma la forma politica autonoma di un’intera tradizione di pensiero, una vera fonte di idee.
Preso atto di tutto questo bisogna trovare la forza di reagire, il coraggio di opporsi. Consci che le possibilità non sono molte. Ma con le spalle al muro di solito si combatte meglio.
Trovare slogans non basta, ci vogliono idee, concrete, chiare, semplici. E non ci mancano. Ci vuole gente che vuole e sa fare, giovani volenterosi e coraggiosi che spalmino manifesti e spargano volantini, e non ci mancano. Ci vuole una leadership carismatica, credibile e ficcante.
E quella non pare esserci. Che fare dunque? Quando la situazione si fa critica si prendono sempre decisioni che in altre occasoni non si prenderebbero. Perché non giocarsi davvero la carta del ricambio generazionale? Oltre alle politiche per i giovani, perché non dimostrare di credere nella politica dei giovani? Vendere cara la pelle deve essere il nostro motto, non rassegnarci ad essere sconfitti. Conosco personalmente, e li conoscete anche voi, due tre persone che davvero non farebbero rimpiangere i papaveri attuali. Questa non vuole essere la solita boutade da pischello, ma una proposta vera. Nella politica dell’apparire tutto conta. Un volto giovane, con modi naturali e capacità vere, sarebbe giustamente ricompensato. Cambiamento è la parola d’ordine delle elezioni americane, che è incarnata anche nel corpo, nei modi da un uomo. Perché non giocarci una carta simile qui, nella Periferia dell’Impero?
Non so … forse sono pallide utopie di un ragazzo che conosce da troppo poco la politica attiva, che ancora non ha chiare le logiche di potere e degli egoismi che esso crea. E forse non è pienamente conscio neppure della natura umana … dell’uomo (anche socialista).