Vi proponiamo, di seguito, il lavoro di “tesina” presentato da un amico, Gabriele Pucci (19 anni), per l’ esame del corso di Storia Contemporanea presso la facoltà di lettere dell’Università di Firenze. Si tratta di una lettura che vi consigliamo per la sua sintetica chiarezza nell’affrontare temi complessi e di grande interesse.
Articolo di Gabriele Pucci
La secolarizzazione (dal latino seculum, che indicava tutto ciò che non appartiene alla religione ed è quindi laico) è quel fenomeno per il quale la società, nel suo complesso, non adotta più un comportamento sacrale, si allontana da usi e costumi tradizionali e da posizioni dogmatiche, specialmente in campo religioso.
Questo processo, che ha investito fortemente il mondo di ecumene cristiana (l’ Europa e gli altri centri dove il Cristianesimo si è più radicato), ha avuto inizio intorno al 1500 e si è sviluppato nei secoli successivi (incentivato da alcuni fenomeni quali l’urbanizzazione, l’industrializzazione, l’introduzione dell’istruzione obbligatoria, l’espansione dei mezzi di comunicazione di massa e la mobilità di classe) portando alla divisione della sfera religiosa dalla sfera politica e dalla sfera scientifica (perdita di incidenza della Chiesa sulla società).
In Europa, per tutto il Medioevo e per una parte dell’ Umanesimo, la religione permeava totalmente la vita pubblica di uomini e donne: scandiva il tempo e la vita lavorativa (calendario Gregoriano elaborato durante il Concilio di Trento); tutti i simboli dell’ universo conosciuto e l’ arte erano legati al culto religioso. Sostanzialmente non c’ era nessuna distinzione tra religione e società(1).
Per ben comprendere il processo di secolarizzazione si devono analizzare alcuni aspetti delle grandi religioni monoteiste: Ebraismo, Islamismo e Cristianesimo.
Il loro minimo comune denominatore è la presenza di un solo dio nel proprio Pantheon. Tutte e tre le confessioni teorizzano un bene e un male assoluti, senza riconoscere alcuna via di mezzo tra essi. Il Cristianesimo e l’ Islamismo tendono ad espandersi, a sottomettere e a portare loro stesse sempre più in alto (Jihad musulmana: purificazione interna per una conquista esterna. Si possono fare esempi anche per il Cristianesimo: Evangelizzazione, Crociate). L’ Ebraismo non possiede questo spirito di conquista a causa delle continue persecuzioni che ha subito, le quali però hanno portato alla costruzione di una forte identità Ebraica. Pur avendo storie e strutture interne molto diverse, tutte e tre le religioni tendono a modellare spirito e società. Soltanto il Cristianesimo però conosce una suddivisione tra sfera terrena e spirituale, poiché per prima ha dovuto affrontare il rapporto con la sfera politico-statale (rapporto con l’ Impero Romano preludio del processo di secolarizzazione).
Nel mondo islamico non esiste questa suddivisione perché la religione influenza tutte le varie sfaccettature della società: il Corano è scuola, legge e politica(2).
Propriamente, il processo di secolarizzazione ha inizio nella Firenze rinascimentale, a quel tempo fulcro della società occidentale: si apre il più grande “laboratorio” di creazione/formazione della “civiltà moderna”, la più grande opera di sintesi tra scienza, politica, religione e filosofia.
Due grandi umanisti che hanno contribuito in modo fondamentale allo sviluppo di questo processo, si collocano nel capoluogo toscano: Niccolò Machiavelli, il quale nel suo celebre trattato (“De Principatibus”) afferma che politica e teologia sono due ambiti nettamente distaccati, e Galileo Galilei, che nei suoi scritti rivendica più volte l’ autonomia della scienza dalla religione, sostenendo che la prima opera sul piano fisico del mondo, mentre l’ altra sul piano metafisico(3).
Ma la secolarizzazione si manifesta soprattutto tra i secoli 1600 e 1800: La Berthonnière ha individuato nel cartesianesimo uno dei punti fondamentali di tale “empietà” (così Raymond Aron chiama il fenomeno della secolarizzazione)(4). “Per quanto sia stato un buon cattolico, Cartesio si è curato maggiormente di diventare maestro e padrone della natura piuttosto che meditare sulla vita eterna”(5).
Il processo di secolarizzazione, alle soglie dell’ età contemporanea, si allaccia ad un altro importante fenomeno: il processo di politicizzazione. L’ incontro tra queste due realtà (prima nelle rivoluzioni inglesi, poi in quelle americana e francese) porta al primo dispiegamento della stampa politica: in questo “gioco” vengono a formarsi le ideologie e i partiti politici (in Inghilterra i Liberali e i Conservatori, negli Stati Uniti i Repubblicani e i Federalisti, in Francia i Giacobini, i Girondini e i monarchici del “Club de Clichy”).
Nella Francia pre-rivoluzionaria la filosofia illuminista rappresenta la massima espressione del processo di secolarizzazione: Diderot e D’Alembert, nella loro celeberrima “Encyclopediè” , considerano la religione una comune materia di studio, non la base della cultura e della conoscenza.
Anche il concetto di democrazia è un segno nettissimo di questo processo: il potere non deriva più da Dio, ma nasce direttamente nel popolo.
Durante la rivoluzione, i Giacobini portano all’ estremo alcuni ideali dell’ Illuminismo: la ragione diventa la “dea Ragione” e Robespierre si nomina suo sommo sacerdote. Lo spietato machiavellismo dell’ ideologia giacobina sarà alla base delle dottrine (religioni) politiche del novecento (in particolare per il Fascismo, di cui il misticismo e lo spirito rivoluzionario,vengono paragonati, da alcuni giornalisti francesi, a quelli del Giacobinismo), perché presume che esista un partito d’ elite in grado di plasmare il mondo, di abbattere l’ antico regime e di costruire una nuova società in nome del popolo e della nazione, attraverso qualsiasi mezzo(6).
Oggi viviamo in un epoca di fortissima secolarizzazione (crisi del sacro – Sartori afferma che non comprendiamo il fenomeno delle guerre di religione perché non crediamo più in Dio), ma la religione non è scomparsa; esistono nuove fonti di culto tali da colpire le menti degli uomini: le religioni secolari; sistemi di credenze, di miti, di riti e di simboli che conferiscono carattere sacro ad una qualsiasi entità di questo mondo (dalla scienza alla storia, dallo sport allo spettacolo), rendendola oggetto di culto, di dedizione e di devozione (si parla di “sacralità laica”)(7).
Si possono definire tali, tutte quelle dottrine che, nell’ animo umano, prendono il posto della fede perduta e che, a differenza dei culti tradizionali, collocano la salvezza dell’ umanità in questo mondo, in un futuro più o meno lontano, nella forma di una nuova società da costruire.
Ma ad un comune religioso potrebbero sorgere eventuali obiezioni: certamente si domanderà se è legittimo parlare di religioni in mancanza di un oggetto trascendente a cui rivolgere delle preghiere.
Il sociologo francese Raymond Aron, nel suo trattato (“L’ avvenire delle religioni secolari”), risponde che non si è religiosi soltanto quando si adora una divinità, ma quando si mettono tutte le proprie risorse, tutto il proprio fanatismo e tutte le proprie azioni al servizio di una causa o di una persona(8).
Nel campo della politica i termini “religione secolare” e “religione laica” vengono spesso utilizzati come sinonimi di religione civile o di religione politica. Queste due categorie appartengono al concetto più generale di sacralizzazione della politica (o religione della politica): con questa espressione si intende quel fenomeno che si manifesta in età contemporanea, quando la dimensione politica, dopo aver conquistato totale autonomia nei confronti della religione tradizionale, assume un proprio carattere di sacralità e rivendica il privilegio di spiegare il fine dell’ esistenza dell’ uomo sulla terra.
Storicamente, il processo di sacralizzazione della politica, ha origini democratiche, repubblicane e patriottiche: le prime forme di religione civile sono apparse durante la Rivoluzione Americana e la Rivoluzione Francese; successivamente sono state incentivate, nel corso del XIX secolo, dalla nascita di movimenti culturali e filosofici come il Romanticismo, l’ Idealismo, il Positivismo, il Nazionalismo, il razzismo e il Socialismo, che volevano sostituire le fedi della tradizione con una nuova “religione dell’ umanità”.
Il concetto di religione civile si distingue da quello di religione politica per il modo di comportarsi di fronte ad altri modelli ideologici e alle libertà individuali: all’ interno della prima categoria si inquadrano le forme di sacralizzazione di sistemi politici che garantiscono la pluralità delle idee e riescono a convivere con altre ideologie, all’ interno della seconda si colloca la sacralizzazione di sistemi basati sul monopolio assoluto del potere (partito unico), sulla subordinazione obbligatoria degli individui ai suoi comandamenti e sull’ eliminazione dei partiti avversari.
L’ esempio più evidente di religione civile si osserva negli Stati Uniti: la repubblica americana non è uno stato confessionale, non riconosce una religione ufficiale, eppure professa fermamente la propria fede in Dio. Dietro al paese “dalla bandiera a stelle e strisce” si cela un misticismo composto da rituali, miti e simboli che pervade le anime della popolazione sin dai tempi della rivoluzione. Quella americana è a tutti gli effetti una religione: ha le sue “sacre scritture” (la Dichiarazione di Indipendenza e la Costituzione), i suoi santi e i suoi profeti( Washington, Lincoln, Kennedy e Martin Luther King), i suoi simboli ( il “Dollaro santino”), i suoi templi di culto (il Lincoln Memorial e la tomba del Milite Ignoto) e le sue festività (il Giorno del Ringraziamento e il 4 Luglio, festa dell’ Indipendenza), eppure, nella libertà riconosciuta dallo stato a tutte le confessioni, rispetta le religioni tradizionali, cristiane e non cristiane(9).
Differentemente, le religioni politiche sono intolleranti, impositive e, nella loro struttura, riproducono molte delle caratteristiche dei dogmi antichi: tendono a influenzare ogni aspetto della società, teorizzano un bene e un male assoluti e definiscono lo scopo ultimo della vita. Sono dotate di uno spietato machiavellismo: non riconoscono niente di superiore al loro obiettivo e per ottenerlo impiegherebbero qualsiasi mezzo. Danno un’ interpretazione del mondo (almeno in senso storico), spiegano il significato delle catastrofi che attraversano l’ umanità e ne “profetizzano” le conclusioni. Sono religioni della “salvezza collettiva”. Dentro questa categoria si riconoscono i tre grandi regimi totalitari del XX secolo: il Fascismo italiano, il Comunismo sovietico e il Nazismo.
I movimenti politici che hanno dato origine a queste tirannie, sono stati il Socialismo e il Nazionalismo, i quali, già nel corso dell’ 800, avevano assunto un aspetto fideistico(10).
Karl Marx, nei suoi scritti giovanili, parla del regno socialista, come una società di uomini liberi, uguali e fratelli: all’ apparenza la teoria del filosofo tedesco potrebbe sembrare un’ antireligione, poiché nega l’ Aldilà cristiano e pone la salvezza dell’ umanità su questa terra, ma proprio per questa presunzione il socialismo è una religione; perché porta a livello materiale alcune speranze che soltanto le credenze trascendenti avevano la capacità di suscitare(11).
Invece il Nazionalismo, con la diffusione del concetto di sovranità nazionale in tutti i paesi europei e extraeuropei, è divenuto la forma di sacralizzazione della politica più particolare e metamorfica, poiché si è mescolata con le più disparate tradizioni culturali e filosofiche, talvolta agendo come forza reazionaria e autoritaria, talvolta come rivoluzionaria(12).
Il Fascismo è stato il primo movimento totalitario nazionalista a proclamarsi religione politica, istituendo un sistema di rituali e un catechismo che mitizzavano la nazione e deificavano la figura del Duce Mussolini.
Molti antifascisti capirono, fin dai primi anni di dittatura, che il regime non mirava tanto a governare l’ Italia, quanto a monopolizzare il controllo delle coscienze degli italiani(13): come scriveva il liberale Giovanni Amendola, “a Mussolini non basta il possesso della coscienza privata dei cittadini, vuole la loro “conversione” (14).
Molto presto furono incuriositi dalla novità del fenomeno diversi cronisti stranieri: alcuni osservarono che la leva di cui si servì il fascismo per arrivare al potere fu proprio il forte sentimento religioso che caratterizzava il popolo italiano, affascinato dalla figura mitica del Duce.
Sulla divinizzazione del paese e del capo carismatico si basava anche la religione Nazista: mescolando le leggende della tradizione germanica arcaica agli ideali del paganesimo moderno, istituì una trama di rituali e simboli che celebravano la figura di Hitler, messia del Terzo Reich, e ponevano sugli “altari” il mito della razza ariana. Tutta la vita pubblica tedesca fu impregnata di queste credenze, ma la cosa più drammatica fu la crudele carneficina inflitta a milioni di persone in nome della razza e della supremazia della nazione: nei campi di concentramento furono sterminati cinque milioni di Ebrei, mentre altri gruppi etnici e oppositori politici del Führer furono deportati, condannati ai lavori forzati e poi uccisi.
Il Nazismo, però, non fu originato soltanto dai movimenti nazionalisti: se lo paragoniamo al socialismo o comunque alla socialdemocrazia le analogie superficiali sono ben visibili.
Tutte e due, essendo religioni secolari, hanno una propria visione del mondo e si prefiggono l’ obiettivo di creare un nuovo ordine sociale: il nemico dei socialisti è il capitalismo, quello dei nazisti è una minoranza indifesa, non più un sistema; la società idealizzata da Marx è aperta ed egualitaria, quella sognata da Hitler è “chiusa nella particolarità di una nazione, confusa con una razza”(15).
Una differenza sostanziale tra Nazi-Fascismo e socialismo, invece, sta nei metodi d’ azione e propaganda: i leader socialdemocratici puntavano sull’ opera, seria e onesta, di educazione delle masse, Hitler e Mussolini non pensavano affatto ad istruire, badavano soltanto a conquistare le coscienze, adescare la popolazione e infondere odio attraverso discorsi faraonici(16).
La Rivoluzione Sovietica del 1917 ( insieme alla Prima Guerra Mondiale) dette vita ad una terza religione politica, per molti aspetti somigliante alle altre: il Bolscevismo.
Il partito Comunista Sovietico, nonostante avesse professato da sempre l’ ideologia marxista dell’ ateismo e combattesse tutte le forme religiose, venne trasformato in una vera e propria chiesa: Lenin, dopo la sua morte, fu imbalsamato ed il suo corpo venne custodito e venerato in un mausoleo costruito nella Piazza Rossa di Mosca, proprio come accadeva per i santi della Chiesa Ortodossa. Un altro segno della trasformazione del partito in religione fu la dogmatizzazione del pensiero del leader rivoluzionario nel Leninismo: a partire da questo avvenimento iniziò il vero processo di sacralizzazione del partito bolscevico, che arrivò al suo punto più alto con la deificazione di Stalin, il quale, fino alla sua morte, verrà considerato la massima divinità della religione comunista.
Durante la dittatura furono istituiti un nuovo calendario, nuove festività nazionali, nuovi riti e nuovi simboli per abbattere le antiche credenze del Cristianesimo Ortodosso e costruire una salda fede nella regno socialista, “avanguardia del trionfo della ragione e del progresso”(17).
Lo studioso inglese Harold Laski paragona il movimento bolscevico al Puritanesimo radicale del XVII secolo: i comunisti riponevano nei testi di Marx e Lenin, la medesima fiducia che i puritani (per esempio Cromwell) avevano per le Sacre Scritture; entrambi si consideravano possessori della verità assoluta e avrebbero eliminato chiunque le si fosse opposto.
La religione comunista prese piede in diverse parti del mondo, confondendosi con altri movimenti culturali e filosofici, ma mai si avvicinò a Fascismo e Nazismo, che rimanevano legati ad una concezione nazionalistica e razzista, fondata sul principio della disuguaglianza(18).
Eppure- come ha scritto lo storico britannico Tony Judt: “per quanto Nazismo e Comunismo fossero completamente diversi negli obiettivi (anche se, come diceva Aron, c’ è differenza tra una filosofia dalla logica mostruosa e una filosofia alla quale può essere data un’ interpretazione mostruosa), si tratterebbe di una magra consolazione per le vittime. Le sofferenze umane non dovrebbero essere misurate sulla base dei fini perseguiti da chi le ha inferte. Insomma, per chi è stato maltrattato o ucciso, un gulag comunista non è ne meglio ne peggio di un campo di concentramento nazista”(19).