La politica delle ideologie e quella dei volti

Articolo di Matteo Pugliese

La scena più frequente nelle elezioni americane è un palco, un presentatore stile talk-show, una decina di candidati. Tutti di due soli partiti. Ma non è questo che conta. Conta piuttosto se sono bianchi o neri, se anglicani o mormoni, se abortisti o meno. Vengono giudicati dagli elettori dal colore della cravatta, dalla capacità di sorridere o di fare una battuta spiritosa o strappalacrime. Questa è la politica negli USA. Per chi ha il coraggio di chiamarla politica.

Negli Stati Uniti per un candidato l’appartenenza ad una religione ha raggiunto un’importanza davvero elevata. Dichiararsi non credenti equivale al fallimento politico. Nel paese dove il creazionismo è insegnato e le sette integraliste di ogni tipo sono importanti lobby a nessuno dispiace l’appoggio di qualche predicatore televisivo come per il candidato Giuliani. La popolazione americana ha delle caratteristiche di soddisfazione politica molto infantili, ciò è collegabile alla giovane età di questo popolo nonché ad una cultura nazionale evanescente, basata, appunto, quasi totalmente sulla tradizione religiosa che gli avi hanno portato dai paesi di origine. Gli Americani vi si attaccano in modo particolare essendo uno dei pochi riferimenti culturali di cui dispongono, qui si spiega la tendenza al frequente integralismo.

Luigi Barzini su “l’Europeo” n. 14 del ’63 affermava riferendosi alla popolazione italiana di quegli anni: “molti elettori italiani hanno idee politiche rozze, primitive, in gran parte infantili: essi votano per lo più spinti da odi, risentimenti, nostalgie sentimentali, cause occasionali, speranze irragionevoli o paure. […] Le donne votano spinte da motivi profondi, nobili, irrazionali, motivi legati alla loro vita sentimentale e religiosa. Vi sono circa cinque voti femminili per due maschili tra i voti della DC. […] L’elettorato preferisce i partiti di massa che promettono impossibili paradisi terrestri e rivoluzioni che trasformino ogni cosa dalle fondamenta a partiti più seri che vogliono risolvere realisticamente i problemi con i mezzi a disposizione…”. Ritengo questo spaccato molto attuale per rappresentare la realtà americana. Il cardine della politica di questo paese è la mancanza di ideologie di riferimento: tutto si basa sulle opinioni personali dei candidati sui singoli temi. Ci viene presentato un bipartitismo chiuso. Che non garantisce affatto “un’alternanza per l’alternativa” ma permette un inciucio tra le parti che si passano il testimone lasciando sostanzialmente ogni cosa invariata.

Passando al Vecchio Mondo ci troviamo di fronte una situazione se non opposta per lo meno molto differente: le ideologie abbondano e in paesi come il Regno Unito per esempio, come ha affermato recentemente l’ex premier Blair, dichiararsi apertamente seguace di un particolare culto o comunque fare riferimento ad un dio è molto pericoloso in politica. Questa caratteristica appartiene però quasi solo ai paesi nordici. La Prima Repubblica era caratterizzata da una fortissima componente ideologica. Con il passaggio alla Seconda questo fenomeno si è attenuato sino a giungere alla situazione odierna. Elezioni importanti come quelle francesi piuttosto recenti testimoniano una situazione non solo italiana ma che si sta diffondendo in tutta Europa più o meno rapidamente. In Italia l’inaugurazione di questo nuovo metodo è da attribuire a Silvio Berlusconi, campione di propaganda mediatica. Una parte della sinistra ha capito che non si può tenere testa al populismo con l’ideologia quando la popolazione è in gran parte ignorante e si lascia condizionare dalla retorica. Per questo il progetto del Partito democratico è il tentativo del centrosinistra di scimmiottare il grande partito di Berlusconi che naturalmente vedendosi sfidato rilancia fondando un nuovo soggetto più populista e arido. Entrambi i progetti: PD e Partito della Libertà sono due contenitori vuoti e riempiti uno dal “ma-anchismo” di Veltroni e l’altro dall’ego di Berlusconi.

La recente decisione del segretario del PD per cui non ci saranno tesserati al partito è un segno di cambiamento. Ci si avvicina ai partiti americani, senza tessere, con speciali Card per i funzionari, partiti che si riuniscono solo per le elezioni. Scatole vuote appunto.

Tutto ciò deve essere evitato e progetti minori come il Partito Socialista che si rifanno ad una centenaria tradizione devono impedire che questo accada.