Cari cinesi siete oppressi da una casta di corrotti

Gli amici e compagni radicali hanno rilanciato in questi giorni l’iniziativa di un grande Satyagraha Mondiale per la pace da avviare nei giorni d’apertura dei giochi olimpici di Pechino. Sostenere la lotta per i diritti umani e per la democrazia è battaglia delle più nobili, condurla senza timori anche contro un paese potente come la Cina lo è in maniera particolare. Invito quindi tutti coloro che vorranno ad aderire a questa iniziativa.

Tuttavia questa può essere occasione per offrire qualche spunto, tra il serio ed il provocatorio, proprio riguardo agli argomenti da poter usare per intervenire in maniera incisiva sull’opinione pubblica cinese e sostenerla nella richiesta di un cambiamento dell’assetto politico e istituzionale del paese. Un assetto che è interessante analizzare sommariamente, per capire dove stiano i suoi punti più fragili. In primis vale la pena rilevare che oggi la principale risorsa ideologica del regime cinese è il nazionalismo, forse l’unica ideologia che è riuscita a sopravvivere al ‘900. Proprio le Olimpiadi saranno una superba celebrazione della nazione e dell’identità cinese, tanto mutevole quanto radicata nella coscienza dei suoi abitanti. Difficile, pertanto, pensare che un popolo che guarderà al medagliere con tanta ansia di superare gli Stati Uniti, sarà disposto a farsi distrarre da sacrosanti appelli alla democrazia e ai diritti umani.

L’eredità maoista, però, non è scomparsa e sopravvive nelle storture di un sistema burocratico amministrativo lento, inefficiente e soprattutto corrotto. Ecco il vero punto debole del sistema Cina. Una debolezza, quella dovuta alla corruzione diffusa tra moltissimi quadri del partito e della macchina amministrativa, che è tale perché non può essere giustificata con il ricorso alla ragion di Stato. Una simile ragione può giustificare la censura, la restrizione degli ambiti di libertà sociali e personali, il rifiuto dei più basilari principi di democrazia ed anche il non rispetto dei diritti umani; tutto in nome della difesa della stabilità sociale e di un assetto che fino ad oggi sta garantendo crescita economica e ritrovato orgoglio a tanti cinesi. Una simile ragione, però, perde ogni fondamento di fronte alla manifesta e diffusa corruzione su cui quell’assetto si fonda. La perdita di legittimità dello stato e del partito rappresenta la vera e più grande minaccia alla stabilità del regime cinese.

Ogni anno, nelle campagne cinesi, si verificano migliaia di episodi di vera e propria rivolta popolare, con scontri spesso violenti e feroci tra contadini e forze dell’ordine. L’innesco di queste proteste è sempre più spesso rappresentato da casi eclatanti di corruzione che coinvolgono gli amministratori locali, sovente i capivillaggio delle zone interne della Cina. Dalle campagne alle città sono proprio le notizie riguardanti simili episodi che il regime cerca di occultare e nascondere, sapendo bene che sono la minaccia più grande alla propria legittimità e alla propria stabilità.

Mi rendo perfettamente conto dell’importanza e dell’alto valore delle battaglie per l’affermazione dei diritti umani e per sostenere la crescita della democrazia in Cina. A volte però, mi chiedo quale messaggio potrebbe avere effetti più destabilizzanti per il “sistema”. Cercare di far arrivare ai cinesi un messaggio del tipo “i vostri governanti sono despoti”, non credo avrebbe un grande potenziale rivoluzionario. In fondo racconta una cosa ai cinesi nota da secoli. Diversa cosa, credo, sarebbe lanciare una campagna con lo slogan “i vostri governanti sono despoti corrotti”. Anche questa è una cosa nota da tempo ai cinesi, tuttavia, oltre a considerazioni sull’importanza storica e simbolica dell’amministrazione pubblica in un paese dove è nata la burocrazia, questa è una fase particolare della storia della Repubblica Popolare. La forte crescita economica sta generando ricchezza, come normale, in modo tanto frenetico, quanto diseguale. Questo aumenta inevitabilmente le responsabilità dello Stato nei confronti dei cittadini, specie gli esclusi dal nuovo benessere. Le differenze di status si accentuano all’interno del paese, specie fra gli abitanti delle zone rurali e quelli delle aree urbane, accrescendo il malcontento di buona parte della popolazione ed abbassando notevolmente la soglia di sopportazione nei confronti della corruzione degli amministratori.

Cercare di legare la battaglia per la diffusione della democrazia e dei diritti civili a quella contro un sistema di potere tanto autoritario quanto corrotto può essere operazione ardita, ma considerando i timori che il regime cinese mostra nel trattare i casi di corruzione dell’amministrazione pubblica e della struttura del Pcc, mi viene da pensare che potrebbe essere anche molto interessante.